L’odore.

 

 

 

 

L'etologia umana deve tener conto di questo cambiamento della bestia-uomo che ha invertito il vecchio codice olfattivo: anziché essere attratto, come in passato,da certi segnali odorosi, ne viene respinto da una sensibilità modificata.
L'inodore va di pari passo con l'insapore. Più che il palato è l'occhio a decidere e a giudicare a qualità delle cose.
Il bello sintetico, artificiale delle verdure, ormai ridotte solo a contare solo sotto il profilo visuale, della loro rappresentazione teatrale come simboli di un "naturale" in via di disparizione, quasi sempre a basso livello di sapori e di odori, prodotte forzatamente e serialmente dall'industria alimentare e da concimi ad altissimo artificio chimico, sono ridotte al ruolo di "nature morte", di emblemi vegetali trompe-l'oeil, ad inganni ottici, a scenografie illusorie del perduto.
L'occhio, senso più facile, superficiale, plebeo dell'olfatto (selezionato esploratore dell'essenze nascoste delle cose, abilitato a fiutare l'invisibile e l'impalpabile), domina incontrastato nella cultura delle masse.
E' il segno di una generale caduta della sensualità, della capacità di avvertire la realtà con altri canali che non siano quelli nobili dell'occhio, produttore illusorio di immagini.
Il livellamento, la serialità, l'uniformità, la convenzionalità passano attraverso la mancata selezione olfattiva prima e gustativa poi.
L'insetto-uomo sta perdendo sempre più la capacità di orientamento olfattivo, l'impollinamento dei bei fiori-vagina diventa sempre più precario.
 
Piero Camporesi, 1983