Il colore del silenzio

 

 

 

 

Il colore del silenzio è il deserto,
fotografato dalla mia Nikon.
Dove non è colore,
è forma, espressione, arcano artificio di luci e ombre.
Sahara libico e Namib:
la loro semplice e straordinaria bellezza,
sono contorno al cazzeggiare sul deserto...
ma soprattutto sul silenzio.

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

Avvicinarsi al deserto significa confrontarsi con la vastità,
con una superficie cangiante,
con un suolo in cui le piste si cancellano da un’ora all’altra,
dove il sole può essere un’incudine
dissolvendosi poi in mille variazioni cromatiche.
Allo stesso modo gli approcci con chi ha scritto del deserto
possono essere molteplici
e mostrare la distesa infinita dell’immaginario e della parola
che col deserto intessono un forte e misterioso legame.
Forse perché nella terra del silenzio,
la parola acquista un altro peso,
ritrova il suo stato aereo
e nel testo scritto unisce il suo destino
a quello dei granelli di sabbia
nel formare una superficie mobile.


Mariangela Capossela

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Namib, Namibia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Namib, Namibia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

Il silenzio è una discussione portata avanti con altri mezzi.


Ernesto Che Guevara

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

Il silenzio è la nostra vera natura.
Ciò che siamo è fondamentalmente solo silenzio.
Il silenzio è libero da inizio e da fine.
Esisteva prima dell’inizio di tutte le cose.
È senza causa. La sua grandezza sta nel fatto che semplicemente è.
Nel silenzio tutti gli oggetti hanno il loro fondamento.
È la luce che crea gli oggetti, che li plasma e li forma.
Tutti i movimenti, tutte le attività sono armonizzate dal silenzio.
Il silenzio non è opposto al rumore.
È al di là del positivo e del negativo.
Il silenzio dissolve tutti gli oggetti.
Non è connesso ad alcuna controparte che appartenga alla mente.
Il silenzio non ha niente a che fare con la mente.
Non può essere definito,
ma può essere sentito direttamente perché è la nostra intimità.
Il silenzio è libertà senza restrizione e senza centro.
È la nostra interezza, non è né dentro né fuori dal corpo.
Il silenzio è gioioso, non gradevole. Non è psicologico.
È sentire senza colui che sente.
Il silenzio non ha bisogno di intermediari. Il silenzio è sacro.
Il silenzio sa guarire. Non c’è paura nel silenzio.
Il silenzio è autonomo come l’amore e la bellezza. È intoccato dal tempo.
Il silenzio è meditazione, senza alcuna intenzione, senza colui che medita.
Il silenzio è l’assenza in se stessa o il silenzio è l’assenza dell’assenza.
Il suono che viene dal silenzio è musica.
Ogni attività che nasce dal silenzio è creativa. È un costante e nuovo inizio.
Il silenzio precede la parola, la poesia, la musica, e tutte le arti.
Il silenzio è il terreno di ogni attività creativa.
Ciò che è veramente creativo è parola, è verità.
Il silenzio è la parola. Il silenzio è verità.
Chi dimora nel silenzio vive in costante offerta, in preghiera senza richiesta,
in gratitudine, in costante amore.
 

Jean Klein

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

Il silenzio è il suono più forte
perché dentro di sé nasconde la forza delle parole non dette…
quelle più vere…
quelle che si tacciono a lungo per non ferire…
un’implosione di pensieri che giacciono inquieti dentro di te.


Iana1987

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Namib, Namibia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

Cosa ci dice il deserto? Cosa significa? Cosa suggerisce?
“Il Deserto è un Essere Poetico”. Ecco, per iniziare il discorso, una verità ontologica da sostenere perché non induce in errori e tentazioni. Non potremmo discorrere e argomentare sul deserto senza pensare in primis alla nozione di ”vuoto“. In effetti, il primo sentimento che si impadronisce di noi quando si evoca il deserto, è il sentimento di ”vuoto“. Immaginiamo lo spazio. Immaginiamo la sua immensità. Immaginiamo anche la sua vacuità e la sua durata. Nell’inconscio collettivo universale, il deserto è sempre un luogo di perdita, di erranza. Senza dubbi esso è la metafora della solitudine e dell’isolamento.
A volte, il deserto, anche se visibilmente vuoto, è uno spazio popolato. Popolato da segreti e da metafore che definiscono l’Essere enigmatico che è il semplice spazio esposto ai nostri occhi. Fenomenologicamente parlando, per comprendere il deserto, bisogna vivere l’esperienza del deserto. Bisogna entrare in empatia con lui alfine di dedurre il senso e il significato. Tutti i significati e tutte le conoscenze sono esperienza. Un esperienza esterna emanata liberamente da un Altro (essere o no) su noi stessi.
In questa prospettiva, il deserto, oggetto di riflessione, è considerato come un libro, un testo da scoprire, da sedurre per guadagnarsi la sua confidenza, la sua intimità e la sua fede. Bisogna vedere un ” viso“, l’inizio primo della filosofia (Emmanuel Lévinas, "Tra noi", Grasset e Fasquelle, 1991). Infatti, il deserto si espone allo sguardo come fosse un viso, la prova dell’infinito. Questo viso interpella l’Essere che è in lui, ricordando a volte la sua identità fondamentale, la sua nudità iniziale e la sua profondità abissale.
Nell’immensità del deserto, l’Essere riscopre la sua piccolezza e la sua modestia; nella sua imperturbabilità scopre la sua purezza e la sua verginità. Il deserto permette all’Essere di poetizzare la sua solitudine, di creare una gioia estetica che gioca con il desiderio di eternità. Tutto passa come se la vacuità desertica esistesse per bisogno, senza la quale tutte le possibilità di conoscersi sono nulle e non avvenute.
Il deserto è dunque un esperienza attraverso la quale l’Essere è invitato ad arredare il vuoto, a riempirlo. Come un isola deserta, il deserto è una separazione, una distanza. Forza la creazione del dubbio e fabbrica l’avvenire (Gilles Deleuze, "L’isola deserta", Minuit, 2002). In questo senso, il deserto acquista la funzione di un origine perduta, di una natura rifiutata. Se riconciliarsi con il deserto come metafora d’erranza e di quiete di se, questo si riconcilia con l’essenza stessa dell’essere umano. Il deserto ha una doppia funzione: dedalo e giardino. E’ dedalo se si accontenta di guardare da lontano senza penetrare, ed è giardino se si crede all’ispirazione come dono naturale che inizia e orienta l’Uomo nella sua crociera esistenziale. E’ un giardino poetico che rappacifica l’Uomo con la sua natura di Essere Natura.
Si apprenderà a venerare l’arte della meditazione come esercizio spiritualmente confortante. Il deserto è un dehors, un luogo che stipula la nostalgia dell’essere ”con ”. Criptogramma, il suo linguaggio è segreto, sibillino, riservato agli alchimisti che credono nella sua logica, che si lasciano guidare dalla loro intuizione. Il linguaggio del deserto è selvaggio, puro e intatto. E’ trascendentale, ermeticamente poetico e saggiamente filosofico. Il dominio del deserto è il “c’é ”, la presenza senza l’assenza.
Il rapporto dell’Uomo e dell’Essere del deserto fonde la sua complicità di questa amicizia fondamentale sull’entità di questo desiderio metafisico dell’altro (Emmanuel Lévinas, "Le livre de poche", 2008). Il desiderio del deserto è desiderio di inizio, di debutto, di primi vagiti della conoscenza umana. L’esperienza del deserto è stupefacente, sconvolgente, fortuna fisicamente incomprensibile e dolore metafisico intelligibile. Il suo mistero dimora nella sua capacità di stupire. La sua lucidità, risiede nella sua facoltà di meravigliare. Miguel de Cervantès invia Don Chisciotte alla scoperta di un mondo nuovo e oscuro, dissimulato dietro le tende del mondo antico. Aveva per missione quella di strappare la tenda della reinterpretazione (Milan Kundera, "La tenda", Gallimard, 2005).
Il deserto è per eccellenza l’esperienza di una reinterpretazione del mondo. L’Essere che intraprende l’esperienza del deserto, non tornerà senza aver appreso l’esperienza della propria libertà. Poeticamente parlando, l’esperienza del deserto è esperienza di Libertà. Vuotare il deserto di queste dimensioni mistiche e mitiche sarà ridurre l’essere ad uno sguardo meccanico e tecnico che uccide il senso poetico della vita naturale. Poeticamente e filosoficamente parlando, Gilles Deleuze pone questa affermazione a proposito dell’isola deserta: ” Si tratta di ritrovare la via mitologica ” del deserto, dell’Altro che abita le nostre nostalgie di esseri infiniti. Il deserto è Poesia, nello stato più puro e libero che possa esistere. (Atmane Bissani, 2010)

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Namib, Namibia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Namib, Namibia

 

 

 

 

Ho bisogno di silenzio
come te che leggi col pensiero
non ad alta voce
il suono della mia stessa voce
adesso sarebbe rumore
non parole ma solo rumore fastidioso
che mi distrae dal pensare.
Ho bisogno di silenzio
esco e per strada le solite persone
che conoscono la mia parlantina
disorientate dal mio rapido buongiorno
chissà, forse pensano che ho fretta.
Invece ho solo bisogno di silenzio
tanto ho parlato, troppo
è arrivato il tempo di tacere
di raccogliere i pensieri
allegri, tristi, dolci, amari,
ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.
Gli amici veri, pochi, uno?
sanno ascoltare anche il silenzio,
sanno aspettare, capire.
Chi di parole da me ne ha avute tante
e non ne vuole più,
ha bisogno, come me, di silenzio.

 
Alda Merini

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Namib, Namibia

 

 

 

 

Il mondo è troppo rumoroso, sono una ricercatrice del silenzio.
Il silenzio può essere positivo e negativo.
Può essere pace e riposo, può esprimere saggezza, un grande amore,
un sollievo al nostro dolore o una sincera pietà per un dolore altrui,
un atteggiamento di profondo ascolto e disponibilità agli altri.
Il silenzio è a volte la ricerca della sincerità, in noi stessi e negli altri,
il rifiuto della logorrea del chiacchierone o dell'ignorante.
Spesso chi parla molto lo fa per nascondere il fatto
che in realtà non sa niente e non prova sentimenti profondi,
mentre chi davvero sa talvolta preferisce rimanere in silenzio.
Il silenzio sereno e pacificato può trasformarsi in uno straordinario dinamismo interiore,
può essere il preludio della rivelazione,
il luogo prezioso dove giunge in noi l'ispirazione artistica:
un profluvio di forme e immagini per un pittore,
di parole accostate in modi insoliti per un poeta.


Cristina Castagna

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 

 

 

Namib, Namibia

 

 

 

 

 

Sahara, Libia

 

 

 


A forza di calpestare la sabbia, il corpo si indurisce e lo spirito si addolcisce.
L’impazienza e l’irritazione diventano sentimenti inutili.
Li scacciamo con una risata o allontanandoci dallo sguardo degli altri.
Bastano dieci passi per essere soli, davanti allo spazio protettore.
Davanti a quella “purezza della rarefazione” i bisogni più futili svaniscono, l’ego si dissolve.
Non ci sono più vincoli per contenerlo.
Solo l’anelito incontenibile che ci spinge ad andare più lontano,
in fondo a noi stessi: è la legge di attrazione dello spazio.


Jean Francois Chaix