Agust 2017. Octopus, ovvero una "coscienza" aliena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per “el mestée del mes” riporto il contributo di Anil Seth al libro di recente pubblicazione “Alieni” a cura di Jim Al-Khalili. Il volume è strettamente scientifico con analisi, ipotesi e aggiornamenti sulla ricerca di forme di vita elementari e evolute nell’universo. Anil Seth è docente di neuroscienze cognitive e computazionali alla University of Sussex . fondatore e condirettore del Sackler Centre for Conscíousness Science e Editor-in-Chief della rivista accademica scientifica "Neuroscience of Consciousness" (Oxford University Press).
Nel contributo indaga su come l'intelligenza aliena potrebbe differire dalla nostra studiando l'intelligenza più aliena che possiamo trovare qui sulla Terra: il polpo. Non c'è bisogno di raggiungere un pianeta remoto, secondo Seth, per incontrare un'intelligenza aliena, possiamo trovare quel "distacco dal mondo terreno" anche sul nostro pianeta, esaminando il modo in cui funziona la mente di un polpo.
Il testo è intervallato da stampe d’epoca rappresentanti un polpo immaginario, oggetto anche tra il XVII e il XIX secolo di avvistamenti: il “kraken”, cefalopode gigante capace di affondare navi e terrorizzare i naviganti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Non c'è bisogno di andare nello spazio per incontrare un alieno. Per trovare cose di un altro mondo qui sulla Terra, basta frequentare un polpo. Qualche anno fa ho trascorso una settimana con una decina di questi animali presso una stazione di biologia marina a Napoli, ospite del biologo Graziano Fiorito. Come molti altri che hanno avuto la fortuna cli passare del tempo con queste stupefacenti creature, mi è rimasta impressa la sensazione di una presenza intelligente molto diversa dalla nostra.
Quando pensiamo agli alieni di solito ci immaginiamo corpi di forma strana, abilità inusuali e un’intelligenza fuori del comune: qualunque sia il tipo di vita intelligente che esiste nello spazio, è probabile che la coscienza aliena sia molto differente dalla nostra.
Salutiamo quindi lo straordinario octopus, il nostro alieno terrestre. Otto arti prensili provvisti di ventose; tre cuori, un meccanismo di difesa basato sull'inchiostro e un organo di propulsione altamente sviluppato; un corpo che a comando può cambiare forma, dimensioni, aspetto e colore, e abilità cognitive in grado di competere con quelle di molti mammiferi. Il polpo comune, octopus vulgaris, possiede circa mezzo miliardo di neuroni, sei volte quelli di un topo. Incredibilmente, la maggior parte di queste cellule nervose non si trovano nel suo cervello centrale, bensì negli arti semiautonomi che sono quasi una sorta di animali indipendenti.
Sono molti i segnali dell'intelligenza dei polpi: possono recuperare oggetti nascosti (di solito saporiti granchi) stando all’interno di cubi in plexiglas, trovare la strada attraverso complessi labirinti, usare oggetti naturali come strumenti, e persino risolvere problemi semplicemente osservando altri polpi fare lo stesso. Anche il loro DNA sembra di un altro mondo: “E il primo genoma sequenziato di qualcosa che sembra un alieno”, ha dichiarato il neurobiologo Clifton Ragsdale alla rivista “Nature”. Quindi, se da qualche parte nell'universo ci sono degli alieni senzienti, uno dei modi per cercare di capire che tipo di coscienza potrebbero avere passa attraverso l’universo interiore del polpo comune.

 

 

 

 

 

 

 

 

Definiamo la coscienza.

 


Per fare questo, ci occorre una definizione operativa della coscienza: e qui sta il primo problema, dato che non ne esiste una attestata che raccolga il consenso generale. Volendo usare un approccio semplice, possiamo dire che, dal punto di vista di un organismo cosciente, c'è qualcosa che “si prova nell'essere quell’organismo”. Oppure si può dire che la coscienza (almeno per noi) è ciò che scompare quando sprofondiamo in un sonno senza sogni, e che ritorna la mattina dopo al risveglio. Per essere un po' più precisi, per gli organismi coscienti esiste un continuo (anche se interrompibile) flusso di scene ed esperienze coscienti -un “mondo fenomenico”- che è soggettivo e privato.
Adottando gli umani come parametro, possiamo delineare qualche ulteriore distinzione. La prima è fra “livello cosciente” e “contenuto cosciente”. Il livello cosciente indica quanto sia “conscio” un organismo, ed è immaginabile come una scala graduata che va dalla completa incoscienza (come accade in anestesia generale) a uno stato di veglia pienamente vigile. E importante sottolineare che il livello cosciente non coincide necessariamente con lo stato di veglia: si può essere consci anche nel sonno, ad esempio mentre si sogna, e si può essere incoscienti mentre si è fisicamente svegli, come nel sonnambulismo e in certe condizioni mediche come lo stato vegetativo.
I contenuti coscienti si riferiscono agli elementi di una scena cosciente: sono tutto ciò di cui siamo consapevoli quando siamo consci. Tra questi vi sono (sempre per gli umani) i colori, le forme, gli odori, i pensieri, le credenze esplicite, le emozioni e gli stati d'animo, le esperienze di desiderio e di azione, e così via. Nel loro insieme, i contenuti coscienti sono ciò che i filosofi chiamano “qualia”, cioè gli aspetti qualitativi delle esperienze, e spiegare in che modo i qualia emergono dal corpo fisico rimane l’aspetto più metafisicamente oscuro degli studi sulla coscienza. I contenuti coscienti possono suddividersi fra quelli correlati al mondo, come il profumo dell'erba appena tagliata, e quelli correlati al sé, come il mal di denti o l'esperienza di identificarsi in uno specifico corpo.
Alcuni aspetti dell'autocoscienza, come la percezione di possedere un corpo o di avere una prospettiva sul mondo in prima persona, sono così continuativi e pervasivi che è facile darli per scontati. Invece sono proprio questi gli aspetti della coscienza che possono maggiormente differenziarsi in specie come l'octopus vulgaris, dato che il suo corpo e il suo modo di interagire con il mondo sono molto diversi dai nostri.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il livello cosciente: i polpi sono consci?

 


L’interrogativo di fondo è se un polpo sia o meno cosciente, a qualsiasi livello. Per cercare di capirlo, consideriamo ciò che è necessario alla coscienza umana, e poi vediamo se anche i polpi posseggono questi meccanismi essenziali. Negli umani, la coscienza non è semplicemente questione di avere tanti neuroni. Il cervello umano contiene in totale circa novanta miliardi di neuroni, un numero sbalorditivo. A stupire è il fatto che la maggioranza di questi neuroni si trova nel cervelletto, il “minicervello” appeso sul retro della corteccia. Questa porzione cerebrale, se è importante per moltissime cose, non sembra essere necessaria alla coscienza. In realtà, è impossibile far risalire la coscienza a un'unica regione del cervello umano. E vero che alcune aree, se danneggiate, annulleranno la coscienza per sempre, ma si tratta perlopiù di “interruttori” anziché di effettivi “generatori” delle esperienze coscienti.
Al momento, la nostra ipotesi migliore è che la coscienza umana dipenda dal modo in cui differenti regioni cerebrali comunicano fra loro. Quando la coscienza svanisce, ad esempio sotto anestesia generale o in un sonno profondo senza sogni, il cervello diventa funzionalmente disconnesso. Le sue varie regioni sono sempre più isolate, producendo una mancanza generale di integrazione. Anche la situazione opposta può causare una perdita di coscienza: durante gli attacchi epilettici, l’attività globale del cervello diventa altamente sincronizzata, mentre tempeste elettriche attraversano la corteccia.
Molti esperimenti mostrano che, nel normale stato cosciente di veglia, differenti regioni del cervello possono entro certi limiti agire in proprio, ma allo stesso tempo prendere parte a un “tutto” integrato. Ciò ha senso anche per come appaiono le esperienze coscienti al soggetto che le vive: ogni scena conscia si percepisce come unificata, ma allo stesso tempo è composta di molti diversi elementi, e differisce da ogni altra esperienza cosciente. Per dirlo nei termini di una nota teoria neuroscientifica: le esperienze coscienti contengono moltissime “informazioni integrate”.
Può un polpo essere cosciente su queste stesse basi? Il mezzo miliardo di neuroni presenti nel sistema nervoso dell’octopus vulgaris sembrerebbero sufficienti a fornire un ampio repertorio di possibili contenuti coscienti. Ma il sistema nervoso del polpo è molto più carente se raffrontato alle connessioni rapide, di vasta portata, che nel cervello umano collegano fra loro le diverse regioni. Ai polpi difetta la mielina, il materiale isolante che consente a queste connessioni “lunghe” di svilupparsi e operare. Inoltre, come si è già accennato, la maggior parte dei neuroni del polpo sono situati all'esterno del cervello centrale, una situazione assai diversa da quella dei mammiferi. Ciò lascia supporre che l'integrazione delle attività di differenti regioni cerebrali, necessaria per la coscienza negli umani e in altri mammiferi, potrebbe essere tutt'altra cosa nei polpi.
Questo non necessariamente significa che ai polpi manchi la coscienza, ma soltanto che potrebbe avere caratteristiche molto diverse rispetto alla nostra. Potrebbe essere meno integrata in una singola scena ben definita, o potrebbero anche esservi molteplici coscienze parziali sovrapposte entro un unico corpo, come si suppone accada nelle persone i cui emisferi cerebrali sono stati chirurgicamente separati (i cosiddetti pazienti “splitbrain”), una tecnica impiegata in passato per il trattamento delle forme gravi di epilessia.
Una prova definitiva della coscienza nei polpi è ancora a di là da venire. A livello comportamentale i polpi, come la maggior parte degli animali, alternano cicli di veglia e di sonno, e rispondono anche ad anestetici come l'isoflurano somministrato in concentrazioni simili a quelle testate in altre specie. Ma a livello neurale sappiamo molto poco. Sono state effettuate pochissime registrazioni dirette del cervello dei polpi, e quelle che sono state fatte erano principalmente mirate a osservare singoli neuroni implicati nell'apprendimento e nella memoria. Sarebbe necessario rilevare l'attività neurale di ampie sezioni del loro cervello durante differenti stati di eccitamento fisiologico (e anche sotto anestesia), per verificare se siano presenti quei caratteristici schemi di differenziazione e integrazione bilanciate fra loro che vediamo nella coscienza umana.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il contenuto cosciente: di cosa sono consci i polpi?

 


Se i polpi fossero coscienti, di cosa potrebbero esserlo? Partiamo nuovamente dal caso umano, e poi facciamo qualche paragone con questi animali. I contenuti della coscienza umana sono estremamente vari, da quelli associati alle sensazioni prodotte dal mondo esterno, alle emozioni, umori, credenze e pensieri, esperienze volitive e molto altro. Rispetto alla consapevolezza sensoriale, i classici sensi umani sono la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l'olfatto. Questi sono accompagnati da canali sensoriali meno conosciuti ma altrettanto importanti quali le percezioni della posizione e del movimento del corpo (“propriocezione” e “cinestesia”), dell'equilibrio, del dolore, della temperatura, e tutta una gamma di input che riflettono gli stati interni del corpo, come fame, sete, attività cardiaca e simili.
Questi sensi, che riflettono lo stato fisiologico interno, sono nel loro insieme chiamati "interocezione". Il ruolo dell'interocezione nel funzionamento del cervello, e specialmente nella coscienza, non ha ricevuta la stessa attenzione della percezione del mondo esterno. Questo sta ora cambiando, e alcuni ricercatori (me compreso) ritengono che l'interocezione possa essere più importante della percezione esterna per la coscienza, e soprattutto per l'autoconsapevolezza e la soggettività.
E il polpo? In termini di abilità sensoriali, tutti gli octopus vu!garis hanno una buona vista, anche nelle condizioni di scarsa illuminazione prevalenti di notte o sui fondali oceanici. La cosa sorprendente è che i polpi possono “vedere” anche con la pelle, che li aiuta ad armonizzarsi con l'ambiente circostante attraverso il mimetismo. I polpi hanno in comune con noi anche i classici sensi del gusto, dell'olfatto e del tatto, e possono sentire, ma non molto bene. I loro tentacoli sono particolarmente ricchi di recettori sensoriali, e non soltanto per il tatto, dato che le molte ventose procurano loro anche il senso del gusto.
Quando, di recente, è stato sequenziato l’intero genoma dell'octopus bimaculoides (un polpo bicolore che vive in California), si è scoperta una serie di geni specifici del polpo che sono espressi nelle ventose e sono associati a un tipo specifico di neurotrasmettitore (pacetilcolina), che potrebbe essere la fonte di questa insolita abilità. Di come funzionino gli altri sensi in questi animali sappiamo ben poco, anche se è molto probabile che i polpi percepiscano direttamente lo stato del loro corpo in svariati modi. Certamente posseggono dei recettori del dolore e mostrano una gamma di comportamenti correlati al dolore simili a quelli dei vertebrati, tra cui la pulizia della pelle e la protezione delle parti del corpo ferite.
Percezione non significa soltanto possedere questo o quel senso. Quando percepiamo l’ambiente circostante, ad esempio utilizzando la vista, non ci limitiamo a crearci un quadro accurato di una realtà oggettiva, come potrebbe fare una macchina fotografica interna. Al contrario, percepiamo il mondo rispetto a come potremmo agire in esso e su di esso. Una porta, ad esempio, è percepita come “qualcosa che può essere aperto”, e non soltanto come una tavola di legno rettangolare. Avendo i polpi (e sicuramente pure gli alieni!) delle gamme di possibili azioni molto diverse dalle nostre, probabilmente avranno anche delle percezioni molto diverse, pur trovandosi nello stesso ambiente e possedendo gli stessi sensi.
Anche se non è ancora stata trovata la dimostrazione diretta di una coscienza percettiva nei polpi, il fatto che questi animali esibiscano comportamenti enormemente flessibili suggerisce che possano in effetti essere consci delle percezioni. Negli umani, la coscienza è strettamente connessa alla flessibilità comportamentale (come quando decidiamo se evitare, o mangiare, un oggetto insolito), mentre molte reazioni puramente istintive (come quando tiriamo via la mano da un fornello rovente) non richiedono consapevolezza. In altri termini, un polpo cosciente non si limiterebbe a rispondere al suo ambiente in maniera istintiva, e in effetti i polpi elaborano le informazioni che ricevono e prendono decisioni in base a esse.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il sé cosciente: com'è essere un polpo?

 


Un tratto cruciale della coscienza umana sta nella varietà e nella sottigliezza della nostra autocoscienza. L’esperienza dell'essere un «io» si manifesta su più piani, tra cui l’avere un senso basilare dell'esistere e del possedere un corpo, l'esperire uno sguardo sul mondo da una prospettiva in prima persona, e il sentire di “volere”, di avere una volontà. Ci sono anche aspetti del sé di livello superiore che sono correlati alla continuità nel tempo dell'esperienza identitaria: come i ricordi autobiografici di specifici eventi e la nozione di un “io” a cui assegniamo un nome specifico (“Anil”, nel mio caso). Il sé umano è anche intrinsecamente sociale: il modo in cui esperisco l'”essere me” dipende, entro certi limiti, da come credo che l’altro mi percepisca.
Concentriamoci soltanto su uno di questi livelli del sé: l'esperienza di indentificarsi con uno specifico corpo. Potremmo avere la tentazione di darlo per scontato, ma sarebbe un errore. Alcuni disturbi neurologici implicano gravi alterazioni dell'identità corporea. Coloro che soffrono di somatoparafrenia, ad esempio, credono che uno dei loro arti appartenga a qualcun altro, e molti amputati sentono ancora dolere l’arto mancante (il cosiddetto “arto fantasma”). Esperienze corporee alterate possono essere indotte anche in situazioni molto meno drammatiche. Nel famoso esperimento chiamato l'”illusione della mano di gomma”, la mano vera di una persona viene nascosta alla sua vista mentre la persona deve mantenere lo sguardo su una finta mano di gomma. Se entrambe le mani (quella vera e quella finta) vengono poi contemporaneamente stimolate con un pennello, la maggior parte dei soggetti ha la bizzarra sensazione che la mano di gomma sia diventata una parte del loro corpo. Questo dimostra il fatto che la nostra esperienza di ciò che è, e di ciò che non è, parte del nostro corpo non è qualcosa di scontato, bensì una percezione incredibilmente flessibile generata dal nostro cervello.
Se un polpo interagisce con il suo ambiente in maniera diversa da noi, la sua percezione del corpo è ancora più strana. Tanto per cominciare, il suo sistema nervoso è sorprendentemente decentralizzato. Il fatto che una certa quota di controllo “neurale” sia delegata localmente, a ciascun arto, ha senso poiché il polpo può muovere i suoi tentacoli in tanti modi differenti: sono molto più flessibili dei nostri arti, relativamente rigidi al confronto. Molti studi hanno in effetti mostrato che gli arti del polpo sono in grado di agire in maniera semi-indipendente e possono eseguire complessi movimenti di presa anche dopo essere stati recisi dal corpo. Questo lascia supporre, in generale, che il polpo abbia soltanto un'esperienza indistinta della propria configurazione corporea, e che, come condizione “cosciente”, debba esistere anche un “qualcosa che si prova nell'essere un tentacolo”!
I tentacoli sono spesso un tratto fisico assegnato agli alieni nelle rappresentazioni fantascientifiche, e la flessibilità degli arti del polpo costituisce una sfida che può valere anche per un extraterrestre: come evitare di aggrovigliarsi. Nei polpi, le ventose situate su ogni arto fanno automaticamente presa su qualsiasi oggetto che si trovi a tiro, però non si attaccano mai sugli altri tentacoli (né sul corpo centrale) malgrado un contatto praticamente continuo. Uno dei modi in cui il cervello centrale può conseguire questo risultato di autodiscriminazione sarebbe quello di mantenere un quadro aggiornato della posizione di ciascun arto. E un compito difficile anche per gli umani, che però il nostro cervello è in grado di compiere. Per un polpo sembrerebbe insormontabile. Ma di recente si è scoperto che i polpi secernono nella pelle una sostanza chimica che impedisce alle ventose di attaccarsi sugli altri tentacoli, e che costituisce un tipico sistema di autoriconoscimento basato sulla chimica.
Questo per dire che, anche sulla Terra, l’essere un sé cosciente può implicare tipi di sensazioni completamente aliene a noi umani: e questo rende ancora più intrigante il compito di immaginare degli alieni coscienti! L'originalità corporea del polpo non si limita agli arti semiautonomi e all'autoriconoscimento chimico. Il suo corpo è in grado di affrontare cambiamenti repentini e radicali per dimensioni, forma, colore, striature e consistenza. Questi animali posseggono notevoli capacità mimetiche che consentono loro di assumere lo stesso aspetto dell'ambiente mentre attendono in agguato una succulenta preda (o si nascondono da un predatore). Tutte queste cose insieme implicano che, per il polpo, l’esperienza del possedere un corpo possa benissimo essere l'aspetto più inusitato della sua coscienza, qualcosa effettivamente di un altro mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alieni sulla Terra e non solo.

 


La coscienza è un evento unico nella storia dell’universo, concentrata dalla casualità dell'evoluzione su un minuscolo pianeta situato nei recessi di una remota galassia? Oppure si trova dovunque? Forse è addirittura una proprietà fondamentale dell'universo stesso, come la carica elettrica e la massa. Il punto è che nessuno lo sa. Quel che sappiamo è che noi umani siamo coscienti, e che abbiamo in comune molti dei meccanismi biofisici necessari alla coscienza con altri animali, tra cui i primati non umani e altri mammiferi, e forse anche con alcune specie non mammifere come uccelli e polpi.
Come nel caso di numerosi tratti biologici complessi, anche la coscienza sembra avere un'utilità. Nel caso di noi umani, lo scopo potrebbe essere quello di procurarci una gran quantità di informazioni integrate, organizzate entro una scena cosciente, così da consentirci di “fare la cosa giusta nel momento giusto” in un ambiente complesso e in perenne mutamento. Se questa storia evoluzionistica è attendibile, ne consegue che la coscienza è probabilmente una proprietà delle forme di vita evolutesi dovunque nell'universo, una volta che si siano superate determinate soglie relative a comportamenti complessi. Da notare che queste soglie potrebbero non essere molto alte. Essere coscienti non significa essere in grado di formulare il pensiero razionale o di usare il linguaggio, quanto piuttosto di percepire il mondo - e il sé - in maniera tale da garantire la sopravvivenza dell'organismo in un mondo pieno di pericoli e opportunità.
In quest'ottica, è più probabile che la coscienza sia una proprietà di forme di vita anche semplici con sistemi nervosi atti a un'autoconservazione flessibile anziché poter emergere da robot o intelligenze artificiali in grado di imitare avanzate abilità umane ma fondamentalmente ignari della propria esistenza. L’esperienza di “essere in un corpo” potrebbe quindi costituire una delle più basilari fra le esperienze coscienti, e quella più probabilmente condivisa dagli alieni, terrestri o di altri mondi che siano.
Molti anni fa il filosofo Thomas Nagel ha posto la celebre domanda: “cosa si prova a essere un pipistrello?”, sottolineando il cosiddetto “gap esplicativo” tra le enunciazioni oggettive della scienza e la soggettività del percepire cosciente. Aveva ragione nel dire che le descrizioni scientifiche, da sole, non potranno mai consentirci di esperire una coscienza alternativa. Noi umani siamo perennemente intrappolati nell'universo interiore determinato dal nostro cervello, dal nostro corpo e dal nostro ambiente. Tuttavia, studiando i limiti della nostra consapevolezza unitamente alle notevoli abilità delle altre specie, e rendendoci conto che il modo in cui noi esperiamo il mondo, e il sé, non è l'unico, possiamo ricavare delle intuizioni interessanti in merito a uno spazio di “coscienza possibile”. Non potremo mai sapere che cosa si provi nei panni di un polpo, ma sembra assai probabile che vi sia un “qualcosa” che si prova nell'essere questo alieno terrestre.
Quanto agli extraterrestri, dovunque si trovino, le possibilità sono ancora più intriganti. Pensiamo agli strani ambienti di pianeti remotissimi che richiederanno tipi di sensazioni del tutto nuovi. Consideriamo i corpi adatti a vivere in questi ambienti, forse corpi fatti di materiali come il silicio. Al limite estremo della nostra immaginazione, possiamo raffigurarci delle intelligenze incorporee o “menti-alveare” dotate di una coscienza distribuita fra molteplici individui, così che non ci sarà alcun “io” individuale. Certo è che l'universo interiore della coscienza - che sia la mia, la vostra, quella di un polpo o di un alieno - non è meno affascinante o misterioso di qualunque altra cosa si possa trovare lassù fra le stelle.