November 2016. Celso Moreno.

 

 

 

 

Quando sono arrivati qui i bianchi, avevano con loro soltanto la Bibbia,
mentre noi avevamo le nostre terre.
Ci hanno insegnato a pregare, con gli occhi chiusi:
quando li abbiamo riaperti i bianchi avevano le nostre terre e noi avevamo la Bibbia.

 

Jomo Kenyatta

 

 

 

 

 

 

 


Tratto da “Storie straordinarie di italiani nel Pacifico”(edizioni Odoya, 2016), per “el mestée del mes” riporto il racconto su Celso Cesare Moreno, langarolo e cittadino del mondo al servizio dei popoli e degli ultimi, dedicato specificatamente al suo impegno antimperialista nel regno delle Hawaii alla fine dell’800. Per ulteriori informazioni sulla straordinaria vita di Moreno, edito da Marsilio nel 2014: “Oh Capitano!” di R.J.Vecoli e F.Durante. Intervallano il testo alcune mie fotografie naturalistiche di Kauai, la perla delle Hawaii, di Hawaii, di Maui.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il 14 novembre 1879 una nave a vapore inconsueta approda al porto di Honolulu con a bordo un passeggero altrettanto insolito. Vista da lontano la nave non ha nulla di speciale. Alla fine dell’Ottocento le navi a vapore erano molto comuni nel Pacifico settentrionale e le loro visite a Honolulu diventavano sempre più frequenti. Non appena la nave ha passato la barriera corallina l’osservatore locale potrà accorgersi che la bandiera, triangolare e di colore giallo con l’immagine di un drago blu, non è mai stata vista al porto di Honolulu prima d'ora. Una volta approdata, la nave resta in quarantena in attesa dell’ispezione del ministro della Salute; da quell’angolo l’osservatore può leggere facilmente il nome della nave e quello del porto di provenienza, Ho-Chung - Shanghaj, accanto a quattro caratteri cinesi che probabilmente hanno lo stesso significato. Questa imponente imbarcazione con tonnellaggio 850 è infatti la prima nave cinese ad approdare alle isole Hawaii.
È vero che il commercio con la Cina andava avanti da decenni, d’altra parte si trattava di solito di commercianti europei, americani e in alcuni casi hawaiani. La presenza di una nave a vapore cinese nel porto di Honolulu nel 1879 faceva pensare che i tempi fossero maturi per una nuova direzione geopolitica nel Pacifico del Nord. Al fianco del capitano europeo, dell'alto ufficiale imperiale cinese e di settecento immigrati venuti a lavorare nelle piantagioni hawaiane, ecco sbarcare un personaggio inaspettato, l’italiano Celso Cesare Moreno. Uomo robusto e dall’aria distinta, il quarantottenne Moreno era un avventuriero e aveva già viaggiato in tre continenti. Nato nel 1831 nella cittadina di Dogliani, allora parte del regno di Sardegna, Moreno aveva cominciato a viaggiare per mare da giovane e dopo la laurea in ingegneria all’Università di Genova era diventato capitano sulle navi nel Mediterraneo, nell’oceano Indiano e in Asia. Era cosmopolita e poliglotta, conosceva almeno dodici lingue e inoltre possedeva il raro dono di saper comunicare con persone di altre culture senza scadere nell’arroganza etnocentrica tipica del tempo.
La seconda parte dell’Ottocento ha rappresentato un periodo politicamente complesso; antichi regimi e territori venivano calpestati in nome dell’alto senso morale e del maggior grado di “modernità” dei conquistatori. Il fascino e allo stesso tempo la paura del “selvaggio” serviva indirettamente a giustificarne la dominazione. Ma c'erano eccezioni a questo modo di pensare: individui guidati dalla nostalgia per valori ormai perduti come la cavalleria, l’onore e la giustizia, persone che remavano contro la corrente materialistica del progresso ed erano disposte a prendere le difese di quelli che venivano schiacciati da questa inesorabile macchina. Moreno era uno di loro.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 


Egli possedeva un bagaglio di conoscenze sia teoriche che pratiche ed era rispettoso e aperto nei confronti delle culture non occidentali, al punto da diventare un difensore della causa nativa e mettersi al servizio dei leader locali nella lotta contro l’imperialismo occidentale. Nel 1857-58 Moreno partecipa alla rivolta dei Sepoy, i moti indiani contro il potere britannico, e in seguito al fallimento di questa ribellione si sposta ad Aceh, nella punta nordoccidentale di Sumatra. All’epoca Aceh era ancora un sultanato, ma la sua indipendenza era minacciata dall'impero coloniale olandese in espansione, come del resto era già successo in altre zone dell'isola. La saggezza di Moreno e la sua simpatia per il destino del sultanato gli guadagnano il favore del sultano, Alauddin Ibrahim Mansur Syah, che lo nomina consigliere e gli dà il permesso di sposare una delle sue figlie. Nel 1862 è costretto a lasciare Aceh a causa di tensioni politiche interne al sultanato, ma prima della sua partenza il sultano gli commissiona un negoziato con le potenze occidentali in sua rappresentanza. Lo scopo dell'iniziativa è di tessere con queste un’alleanza in modo da controbilanciare il potere locale dell’Olanda; in cambio il sultanato è disposto a cedere una parte del suo territorio.
Moreno prova inutilmente a trovare un accordo in merito sia con il re d’Italia Vittorio Emanuele II che con l'imperatore di Francia Napoleone III e in seguito anche con gli Stati Uniti. Falliti questi tentativi, decide invece di promuovere la costruzione di una rete telegrafica transpacifica, da lui stesso ideata, tra gli Stati Uniti e la Cina. Pur essendo un entusiasta della causa antimperialista, Moreno credeva nel progresso tecnologico. Non solo, credeva fermamente che se la tecnologica occidentale, come per esempio la comunicazione telegrafica, fosse stata messa al servizio di tutte le popolazioni mondiali, si sarebbe potuto superare il vantaggio delle potenze occidentali sul resto del mondo.
E’ durante la sua permanenza in Francia che Moreno comincia a interessarsi delle Hawaii; nel 1867 visita l'Esposizione Universale di Parigi e in particolare il padiglione hawaiano, che ha un successo tale da vincere la medaglia d’oro. Per i visitatori dell’epoca questo piccolo regno situato in mezzo all’oceano Pacifico rappresentava un posto speciale. Otto isole principali per una superficie totale di 16.625 chilometri quadrati, grande più o meno quanto la Sardegna e la Corsica messe insieme e con una popolazione inferiore ai centomila abitanti.
Nel 1843 i leader politici hawaiani erano riusciti a bilanciare l'influenza delle due maggiori potenze europee, la Gran Bretagna e la Francia, e a ottenere un accordo congiunto anglo-francese che dichiarava l'indipendenza dell’arcipelago; avevano inoltre ottenuto trattati commerciali con quasi tutte le potenze occidentali, Italia compresa (1863). In questo momento storico le Hawaii occupavano un ruolo particolare tra le potenze non occidentali: oltre a essere state risparmiate dalla colonizzazione europea, venivano riconosciute ufficialmente come una nazione al pari di quelle occidentali, un diritto negato al Giappone fino al 1899 e alla Cina fino alla metà del Novecento. Le Hawaii giocavano dunque un ruolo importante sulla scena mondiale del tempo, partecipavano a tutte le maggiori esposizioni mondiali inclusa appunto quella di Parigi del 1860 e negli ultimi decenni dell’Ottocento vantavano quasi un centinaio di rappresentanti consolari e diplomatici in tutto il mondo, innanzitutto un consolato generale a Roma e consolati a Genova, Napoli, Venezia e Palermo.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

Ciononostante la monarchia hawaiana faceva fatica a sopravvivere per via dell'influenza crescente degli Stati Uniti nella regione orientale del Pacifico del Nord. Le Hawaii erano entrate da tempo nel mirino delle espansioni statunitensi grazie alla loro posizione strategica a metà strada tra la costa occidentale degli Stati Uniti e i centri commerciali asiatici. Una volta strappata la California settentrionale al Messico nel 1848, San Francisco era infatti diventato il centro portuale ideale per il commercio nel Pacifico e a quel punto le Hawaii costituivano il passo successivo. Naturalmente gli Stati Uniti riconoscevano l’indipendenza delle Hawaii in quanto stato sovrano e non potevano semplicemente conquistarlo; del resto esistevano altri modi per esercitare il proprio controllo su questo paese più piccolo e debole. Per esempio si poteva dominare l'economia del paese, infiltrarsi nel governo e incoraggiare un colpo di stato che mandasse al potere gruppi locali a favore degli Stati Uniti, come del resto gli USA facevano già negli “stati clientelari” dell’America latina.
In realtà gli interessi politici degli americani erano sostenuti già dal missionari calvinisti del New England, venuti alle Hawaii nel 1820; i loro discendenti, per lo più avvocati e imprenditori, nel 1860 avevano formato un partito politico noto ufficiosamente come Missionary Party o il “partito dei missionari”. Si trattava di una minoranza con un forte potere commerciale che aspirava a diventare un’oligarchia; per questo motivo era ostile sia verso la monarchia hawaiana che verso i suoi sudditi. L’ultimo monarca hawaiano, per esempio, li descrive come “costantemente […] all’opera per minare in tutti i modi l’autorità del governo hawaiano”. Per questo motivo a partire dalla metà dell'Ottocento i regnanti hawaiani e i loro consiglieri erano sempre più diffidenti della presenza americana e avevano messo a punto varie strategie per contenere il potere locale del Missionary Party e anche per rafforzare alleanze con vari paesi in Europa e Asia.
Il problema più evidente per la leadership politica hawaiana in quel periodo era il declino della popolazione nativa causata dalle malattie portate dagli stranieri, come il morbillo, il vaiolo, la tubercolosi e la lebbra; questo declino continuò fino a stabilizzarsi nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Cosicché una strategia di difesa importante contro il potere del Missionary Party e degli Stati Uniti diventò il matrimonio interrazziale tra la popolazione hawaiana e gli immigranti stranieri venuti a lavorare nelle piantagioni.
E’ appunto in questo contesto che si inserisce il secondo incontro di Moreno con le Hawaii, in occasione della visita dell'inviato hawaiano Walter Murray Gibson a Washington; Gibson, infatti, si era fermato lì durante il suo tour diplomatico mondiale per reclutare migranti malesi. In qualità di inviato del sultano di Aceh, Moreno suggerisce a Gibson un’alleanza matrimoniale tra i governanti acehnesi e malesi e la famiglia reale hawaiana, in modo che i due paesi rafforzassero a vicenda la propria indipendenza politica e le loro comuni radici austronesiane.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

In questa circostanza il piano diplomatico di Moreno fallisce, eppure nel 1874 il suo interesse per le Hawaii si riaccende grazie all'incontro con il monarca hawaiano, David Kalakaua, a San Francisco. Kalakaua era stato appena eletto al trono in seguito alla morte del suo predecessore, che non aveva eredi; la sua elezione da parte del parlamento hawaiano si basava sulla costituzione del paese, all'epoca una delle più progressiste e democratiche.
Kalakaua era sicuramente il più ambizioso e lungimirante tra i monarchi costituzionali hawaiani dell'Ottocento. Lo storico hawaiano Jonathan Osorio scrive di lui: “Aveva un'idea chiara del futuro ruolo geopolitico delle Hawaii grazie alla sua posizione e all’intelligenza della sua popolazione e inoltre grazie alla sua lunga storia”. Kalakaua era molto istruito e si interessava non solo di cultura hawaiana ma anche di politica geostrategica, come pure delle novità tecnologiche, per esempio le invenzioni di Thomas Edison. Uno dei suoi biografi lo definisce un “re rinascimentale”, in quanto conosceva bene sia i canti ancestrali hawaiani come il Kumulipo che i classici occidentali come “Il principe” di Machiavelli. Durante i primi tredici anni del suo regno la monarchia hawaiana vide una crescita economica senza precedenti e una forte rinascita della cultura e delle arti locali, indebolite in seguito all'arrivo dei missionari.
Sia Moreno che il re restano molto colpiti dal loro incontro a San Francisco; Moreno, viste le somiglianze fisiche, linguistiche e culturali tra i malesi e i polinesiani, non a caso lo paragona a suo “suocero il Re sultano di Acheem”. Moreno era d'accordo con il re che fosse necessario rafforzare il potere nativo nel Pacifico e proteggerlo dal colonialismo occidentale; d'altra parte il sovrano condivideva l’entusiasmo di Moreno per il suo progetto di una linea telegrafica transpacifica. Infatti gli offre persino la possibilità di costruire una stazione alle Hawaii.
Nel 1876 gli sforzi di Moreno cominciano a dare i loro frutti: il Congresso americano riconosce a lui e ai suoi collaboratori il diritto di costruire e gestire una linea telegrafica transpacifica; tuttavia spetta alla sua compagnia, la Pacific Cable Company, trovare il capitale per sostenere il progetto. Così Moreno riparte per la Cina, dove riesce a ottenere il sostegno di vari commercianti cinesi e anche del viceré Li Hongzhang, il leader del governo imperiale che appoggiava il progetto in quanto in linea col suo programma di rafforzare l'impero cinese; anche Li Hongzhang sperava infatti che l’imponente nazione cinese fosse riconosciuta dalle potenze occidentali al pari delle Hawaii. A tale scopo il viceré aveva fondato la China Merchants Steam Navigation Company(CMSNC), una compagnia privata ma in parte finanziata dal governo cinese che doveva servire a creare una flotta mercantile di proprietà cinese che potesse competere con le compagnie navali anglo-americane sia all'interno della Cina che oltremare. La Ho-Chung era appunto una delle navi di bandiera di proprietà della compagnia cinese; il suo viaggio inaugurale oltremare del 1879 la porta prima a Honolulu e poi a San Francisco.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Hawaii.

 

 

 

 

 

Hawaii.

 

 

 

 

Ed è così che Moreno, una volta ottenuto il sostegno dell’impero Qing per il suo progetto, si imbarca sulla Ho-Chung in veste di agente per conto della compagnia; spera infatti di guadagnare il sostegno del governo hawaiano e fondi non solo per la costruzione della linea telegrafica ma anche per la creazione di una stazione di carbonamento per le navi della compagnia cinese in transito nel porto di Honolulu.
Nove mesi più tardi, nell'agosto del 1880, Moreno ha raggiunto la vetta più alta della sua carriera e la sua presenza alle Hawaii ha avuto un impatto decisivo sulla vita del regno; tuttavia la sua veloce scalata sta per essere seguita da un'altrettanto rapida caduta. Era stata una settimana d'afa opprimente sull'isola di Oahu: quel caldo umido che soffoca Honolulu in estate quando la lieve brezza tropicale del Nordest scompare senza preavviso cogliendo la gente impreparata all'umidità appiccicosa e stantia. Per quelli che abitavano a Honolulu vicino al porto era semplicemente impossibile scampare a quel clima soffocante. Moreno suda profusamente, come del resto chiunque quel giorno, mentre cammina svelto verso il porto. Porta un tipico abito con marsina con tanto di panciotto, perfetto per la vita metropolitana europea ma una camicia di forza in quel clima tropicale.
Ecco che una nave entra nella baia diretta verso il porto mentre la piccola cittadina sembra svegliarsi da quel torpore pomeridiano. Le campane suonano sull’Ainahou (letteralmente “terra nuova”), il largo argine fatto di blocchi di corallo che serve da pontile. I cannoni sulla costa tuonano e una folla varia si affaccia in direzione del porto, accalcandosi tra Fort e Merchant Street. I venditori preparano i loro banchi con in mostra frutti di ogni tipo adagiati su foglie di banano e pesci che agitano ancora le code iridescenti sui tipici taglieri di legno di koa. La tribù di topi sempre all’erta sotto il pontile si muove rapida e accorta sul lungomare alla ricerca di scarti e di frutta caduta per terra, scansando i calci da parte dei venditori, digrignando i denti e pronta a lanciarsi su un nichelino o qualsiasi altra cosa brilli nell’acqua cristallina.
Il molo era il vero punto di raccolta quando attraccava una nuova nave: un tumulto di attività sotto il sole cocente, tra il viavai di marinai fradici di sudore e portantini che arrancavano dietro a voluminosi quanto misteriosi carichi ancora imballati urlando a squarciagola. Un frastuono e una Babele di mercanti, militari, capitani di bastimento, curiosi, visitatori e gente locale che si chiamava e si parlava freneticamente in ogni lingua. Il porto era un luogo di gioia, stupore e nuove conoscenze, fatto per andare a caccia di notizie o prodotti provenienti da mondi lontani dove cose e persone nuove apparivano e scomparivano come per magia in una frenesia di speranza ed eccitazione. Era il cuore pulsante della capitale hawaiana, la sua migliore vetrina, nella quale gli isolani amavano rispecchiarsi e sognare il proprio futuro. Era il luogo dove ribollivano tutte le speranze di ricchezza e la trepidazione per un destino peraltro imminente.
Moreno rallenta il passo, osserva. Una foresta di alberi maestri troneggia ondeggiando sopra i tetti. Le navi sono perfettamente allineate, perpendicolari alla banchina come cattedrali lignee un po’ brille. Dal loro ventre emerge un bottino di sacchi di farina, pane, riso, legumi, zucchero, cordame, cherosene, cappelli, giornali e libri. Trasportano tesori in transito tra Tahiti e San Francisco, migliaia di cocchi freschi legati stretti come grappoli d’uva gigantesca, quelli essiccati ammassati come bouquet surreali sotto i bauli, e le casse sicuramente ricche di altre preziose sorprese con in cima enormi ghirlande di frutta ancora fragrante di vaniglia.

 

 

 

 

 

Hawaii.

 

 

 

 

 

Hawaii.

 

 

 

 

 

Hawaii.

 

 

 

 

Sul porto passava una civiltà globale in movimento, un balletto di falsa avidità e genuina abbondanza. Questa indaffarata classe proletaria segnalava però la fine di un’epoca: l'avvento delle navi a vapore che ora sbuffavano ciuffi di nuvole nere nel cielo chiaro che orlava la costa dell’isola. Le barche eleganti esibivano le candide vele come una giovane debuttante al ballo. Le corvette, raffinate e aristocratiche, assomigliavano a levrieri pronti a lanciarsi verso l'infinito. Ma soprattutto incombeva l'ombra minacciosa dello straniero, la sua brutalità mal celata, quei vascelli da guerra dall’aspetto arrogante che sventolavano bandiere del continente col loro arsenale lustro, cannoni e bocche di mitragliere che accecavano lo sguardo sotto il sole, e lampi di blu cobalto cozzavano col blu familiare di quel mare.
Sul lungomare Celso Moreno ricambia gli sguardi senza batter ciglio, e con passo nervoso fa avanti e indietro sul molo gettando in continuazione sguardi veloci dietro di sé. Conosce il porto come le sue tasche, ci era venuto centinaia di volte fin dal suo primo arrivo per ottenere informazioni e ascoltare i discorsi della gente di strada. Adorava sentire il polso di quella città.
La presenza di quest'uomo imponente, dal sopracciglio irto, animato da un fuoco indomabile, viene subito notata. Chi lo riconosce bisbiglia di nascosto: “C’è Moreno”, “Cosa ci fa qui?”, “Guarda un po’ quel furfante”. Le voci ronzano come un nido d’api. Lui non sembra notarlo all'inizio, immerso nei propri pensieri, ma non appena s'accorge di tutto questo sussurrare comincia a fissare la gente con fare accigliato.
Moreno era un ricercato. Questi erano gli ultimi suoi giorni sull’isola, ma lui non lo sapeva. Solo la sua esperienza di navigatore in acque perigliose, dall'oceano Indiano al mar della Cina sempre in fuga da nemici agguerriti e pronto a evitare trappole e proiettili, o a cambiar bandiera e creare nuove alleanze, gli aveva lasciato un grande istinto di sopravvivenza o un'affinità all’opportunismo, a detta dei suoi detrattori. Moreno era un sognatore, eppure quel giorno sapeva perfettamente che stava per giocarsi l'ultima carta.
In serata aveva un'udienza col re Kalakaua allo Hale 'Akala, il bungalow arioso e dipinto di rosa che serviva da residenza ufficiale per il re mentre terminavano i lavori al ‘Iolani Palace. Moreno intendeva esporre il proprio piano, eppure il sovrano con cui era andato perfettamente d'accordo fino a poco tempo prima ultimamente sembrava stanco, quasi freddo, e spesso veniva sorpreso a sognare a occhi aperti mentre sfogliava i giornali, perso nei suoi pensieri e ansie. Una tempo era cosi energico e sempre allegro, ora invece stava diventando schivo e silenzioso.

 

 

 

 

 

Hawaii.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

Malgrado le accuse quotidiane da parte della stampa gestita dal Missionary Party, il re era ancora popolare tra la sua gente ed era seguito dalla maggioranza della popolazione nativa. D’altra parte il destino non era in suo favore vista la minaccia costante delle malattie che arrivavano da lontano e, di conseguenza, il declino precipitoso e angosciante della sua gente. “Il vero potere, quello di infliggere violenza, di uccidere e decimare la gente non è nelle mani degli hawaiani, anzi” pensa Moreno mentre fissa dritto davanti a sé dalla sua ancora nel porto.
Moreno era un uomo abituato a manipolare il proprio destino e la propria fortuna, e si trovava dunque per natura al fianco di coloro che ne erano privi. E da buon giocatore d’azzardo giocava la sua mano con fermezza e coraggio. Del resto il re Kalakaua conosceva altrettanto bene i pericoli e le sfide che attendevano il proprio regno. Stando al racconto di Moreno, i due la pensavano in modo molto simile, come del resto testimoniano i commenti successivi del re; pare dunque che Kalakaua vedesse questa presenza italiana come un'opportunità unica. Il re aveva visitato Moreno e gli ufficiali cinesi a bordo della Ho-Chung dopo pochi giorni dal suo arrivo a Honolulu e si era immediatamente reso conto dei vantaggi per la nazione hawaiana rappresentati dal progetto del telegrafo e anche della stazione di carbonamento; insieme erano inoltre riusciti a trovare il sostegno finanziario della ricca comunità cinese locale che aveva investito nella CMSNC. Da brillante stratega e uomo di pubbliche relazioni, Moreno aveva approntato un opuscolo che spiegava il progetto della linea telegrafica transoceanica sia in inglese che in hawaiano.
Al termine della sessione legislativa del 1880 -una sessione turbolenta che aveva diviso la sala tra forti sostenitori di Moreno e altrettanto forti oppositori, soprattutto da parte del Missionary Party- il re prende una decisione importante. Dopo una lunga riflessione decide di alienare il Partito dei missionari e di sciogliere il gabinetto, di cui fanno parte non solo uomini leali al re ma anche gente come Samuel Wilder, un amico del Missionary Party con un trascorso di uno scandalo di appropriazione indebita e del quale peraltro il re era stanco.
Il 14 di agosto il re decide di esercitare il proprio potere costituzionale e nomina un nuovo gabinetto con a capo Celso Moreno in veste di primo ministro e di ministro degli Affari Esteri. Ed è così che Moreno raggiunge la terza posizione più importante del regno dopo il re e il cancelliere (ovvero il presidente della Corte Suprema) dopo soli nove mesi dal suo arrivo; inoltre, subito prima della nomina aveva rinunciato alla cittadinanza italiana e a quella americana, ed era diventato cittadino naturalizzato delle Hawaii.
L’annuncio della nomina di Moreno aveva suscitato un putiferio nel Partito dei missionari e lo scossone era stato avvertito anche nella comunità straniera sull’isola. Per la prima volta voci precedentemente discordanti e interessi opposti avevano fatto fronte unico contro il re e il suo “furfante italiano”.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

I leader principali del Partito dei missionari come William Castle, Sanford Dole e Henry Waterhouse si riuniscono il 16 agosto presso la chiesa calvinista di Kaumakapili con l’appoggio degli oppositori al re da parte hawaiana, come per esempio George Pilipo. Lo scopo della riunione era quello di istìgare gli stranieri e la popolazione nativa all’odio contro il nuovo primo ministro. Circa i due terzi dei presenti era “haole” (ovvero non hawaiano); alcuni hawaiani prominenti leali al re e persino John Kapena, uno dei membri del gabinetto appena sciolto, difendono coraggiosamente il diritto costituzionale del re, ma le loro voci vengono messe a tacere dalla folla. Un'altra riunione, stavolta quasi esclusivamente composta da “haole”, si tiene due giorni dopo alla chiesa degli stranieri di Bethel.
Ma quest’agitazione non era nulla rispetto ai pericoli imminenti. Il commissario britannico James Wodehouse e il ministro americano James Comly, andando ben oltre le proprie competenze diplomatiche, ne avevano approfittato per fomentare l’opposizione al re e di conseguenza erano riusciti a suscitare l’antagonismo anche dei rappresentanti diplomatici stranieri come, per esempio, il commissario francese J.L. Ratard, il quale non aveva riconosciuto il nuovo ruolo di Moreno e si era rifiutato di trattare con lui. Senza il loro sostegno diplomatico il potere del re era fortemente indebolito. Il colpo di stato era alle porte, poteva accadere in qualunque momento; a ricordarlo era la presenza della possente nave da guerra britannica HBMS Pelican ancorata al porto di Honolulu.
In mezzo a tutta quella folla ma profondamente isolato, Moreno guarda la nave da guerra e si ricorda delle lezioni di storia imparate alla scuola del suo paese, Dogliani. Riusciva ancora a sentire la voce tremolante del suo caro professore Atanasio Canata che gli raccontava la tragica storia di fra Girolamo Savonarola, bruciato a Firenze il 23 maggio 1498: “E dunque tutti i profeti armati hanno conquistato, mentre quelli disarmati sono sempre stati annientati”.
Quello che serviva a Kalakaua e a Moreno era un esercito forte che sostenesse i loro piani ambiziosi. Sia l'alleanza pan-polinesiana con centro a Honolulu (un'idea che Moreno aveva paragonato alla recente unificazione italiana) che la realizzazione di una linea telegrafica tra le Hawaii e il Pacifico orientale, che tra l'altro avrebbe permesso alle Hawaii di entrare nel commercio dell'oppio, restavano sogni a occhi aperti senza una moderna potenza militare. Il suocero di Moreno, il sultano di Aceh, si era trovato nella stessa situazione e il suo successore al momento subiva l'invasione olandese. Potevano mai le Hawaii diventare una potenza navale indipendente? Forse in futuro, quando sia la loro ricchezza che la popolazione sarebbero cresciute, ma al momento il costo anche di una sola corazzata era decisamente oltre la portata di questo piccolo paese.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

Robert Hoapili Baker, un membro della legislatura leale al re, aveva provato in varie occasioni a far passare una legge che stabilisse un prestito di dieci milioni di dollari appunto con l'obiettivo di creare una potenza navale e militare. A Moreno l’idea piaceva e anche al re, ma, ogni volta che era stata presentata, la legge non era stata fatta passare, in quanto la maggior parte dei politici, persino quelli leali al re, la consideravano un’idea stravagante concepita da un megalomane.
Quali altre risorse restavano a disposizione delle Hawaii se non una flotta militare? Forse ci si poteva alleare con un’altra potenza che fosse ugualmente stanca delle mire imperialiste europee e americane, purché questa fosse forte abbastanza da costruire una base militare senza incorrere in debiti astronomici. Per ironia della sorte, lo stesso giorno della riunione a Kaumakapili la nave giapponese di addestramento militare Tsukuba era arrivata al porto di Honolulu e aveva sparato ventuno salve in omaggio al re Kalakaua; in cambio aveva ricevuto il benvenuto dall’artiglieria hawaiana disposta presso il cratere di Punchbowl che sovrasta la città. I giapponesi rispettavano l’autorità del monarca al punto da attribuire qualità divine al proprio imperatore. Nessuno a Tokyo, che fosse giapponese o un “gaijin” (straniero), avrebbe mai osato gesti o parole di scortesia verso il “tenno” come invece avevano fatto gli “haole” e i loro accoliti nativi nei confronti del re hawaiano.
Forse la risposta al problema difensivo hawaiano era nascosta proprio nel possedere una flotta navale come quella giapponese, simbolo di una nazione monarchica al passo con la modernità tecnologica occidentale. E naturalmente c'era anche la Cina, sicuramente arretrata rispetto al Giappone in fatto di sviluppo tecnologico ma che stava guadagnando terreno rapidamente. E’ vero anche che la corte ultraconservatrice di Pechino faceva di tutto per ostacolare questa industrializzazione accelerata; d’altro canto il viceré Li Hongzhang intendeva far crescere il Celeste Impero, o ‘Aina Pua (“terra dei fiori”), come direbbero gli hawaiani, e farlo diventare una grande potenza navale. Infatti la CMSNC non era soltanto una marina mercantile nazionale ma anche una marina militare moderna, come aveva constatato lo stesso Moreno durante il suo incontro con Li a Shanghai.
Forse la soluzione migliore per le Hawaii era appunto quella di creare alleanze militari con la Cina e il Giappone, e il fatto che queste due potenze asiatiche non si piacessero poteva addirittura giocare a favore delle Hawaii; infatti la monarchia hawaiana poteva metterle l’una contro l’altra nel caso una di loro diventasse troppo forte. Si, Moreno doveva senz’altro discutere questa possibilità col re durante il loro incontro di quella sera.
Una forte botta alla schiena risveglia Moreno da questi sogni a occhi aperti, un forte dolore gli risale tra le scapole. Si gira, rosso in faccia, infuriato come un toro ferito da una banderuola. La folla gli si fa più fitta intorno e non c’è modo di capire chi l’abbia colpito. Ma la rabbia si tramuta immediatamente in paura quando si rende conto che un folto gruppo vociferante alla sua destra punta verso di lui. Si tratta di marinai, forse anche mercanti, probabilmente pagati da uomini d'affari senza scrupoli come Waterhouse o Wilder. Comincia a sentire le loro grida, la loro ostilità si percepisce nell'aria. Vengono sparati dei colpi in aria cosicché la gente attorno a lui comincia ad allontanarsi. Non ci sono dubbi: questa è sicuramente un'imboscata. Moreno si gira di scatto e si affretta verso Fort Street con la mano sulla testa per tenere fermo il cappello.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

 

Kauai.

 

 

 

 

Abita lì vicino per cui riesce a trovare una scorciatoia tra la strada sterrata e gruppi di famiglie hawaiane che se ne vanno verso il porto. Passa i grandi magazzini, i negozi di farmacia e dei fotografi e finalmente raggiunge il cancelletto che separa la strada dal suo giardino. Lo apre in fretta, ma il suo sguardo è momentaneamente distratto dal due bellissimi germogli di eucalipto che gli aveva regalato Archibald Scott Cleghorn, orticoltore per passione, marito della sorella del re, la principessa Likelike, e padre della bellissima principessa Ka'iulani (detta “la rosa dell’isola”) che un giorno diventerà l'erede al trono. Moreno in fin dei conti era amato tra gli hawaiani di tutte le estrazioni, di strada e di corte.
A differenza degli hawaiani Moreno non era un baciapile ed era estremamente sospettoso dei missionari. La vista di questi due freschi germogli gli riportava alla mente un cumulo di ricordi. Ma la trepidazione percepita poco fa ora era diventata rabbia: non avrebbe permesso a quella gente di portargli via il proprio sogno e di rovinare la sua amicizia col re e le sue speranze per un futuro regno hawaiano indipendente.
Non appena entra in casa avverte forti rumori di fuori. Getta uno sguardo dalla finestra: la folla rombante aveva raggiunto il cancello. Si precipita al piano di sopra e apre il cassetto più in alto del grosso cassettone scuro, sposta via camice e tovaglie e trova le due pistole, due Colt 45 ad azione singola, due amici fedeli che aveva comprato pochi anni prima a San Francisco da un veterano della guerra civile. L'uomo non aveva mai avuto l'occasione di usarle visto che erano state fabbricare dopo la guerra... “È ora di farne buon uso” pensa Moreno, e sorride tra sé e sé. Le carica rapidamente e corre giù per le scale, apre la porta d’ingresso con entrambi i gomiti, alza il grilletto e cammina con passo costante verso il cancello e il gruppo di giovani infuriati. “Facciamolo nero a quel grassone!”, “Linciamolo questo dago traditore!”, “Eccolo lì il furfante!”.
Quegli insulti non lasciavano dubbi sullo scopo della visita. Moreno aveva sentito molte storie di poveri immigrati italiani linciati negli Stati Uniti. Ma non sarebbe diventato uno di loro, mai! Appena si avvicina le grida si placano e Moreno riconosce alcune facce note e capisce subito da chi sono stati pagati. Guardano con diffidenza le sue due Colt peacemakers e si rendono subito conto che Moreno non scherza e che nulla li potrebbe risparmiare. “Son pronto piciu!” e poi, a voce più alta: “Allora, che cosa volete da me?”, “Venite più vicino che ho delle pillole che vi faranno bene!”. Nessuno si muove. La sua voce risuonava chiara e forte in questa serata afosa: aveva il tono di un uomo abituato a comandare, se ne rendevano conto.
Restano tutti in piedi, così, per ore, come pietrificati e frustrati davanti al quel cancello fino a tarda sera. Moreno si ritira in casa e resta sveglio al piano di sopra con le pistole in pugno nel caso qualcuno decida di entrare. Nessuno lo fa.

 

 

 

 

 

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Preso tra l’incudine e il martello, il re Kalakaua vaglia le proprie opzioni e alla fine conclude che l’unico modo per calmare la situazione è chiedere al suo caro amico Celso Moreno di dimettersi. Dopo solo pochi giorni al timone del governo, Moreno dunque si dimette il 18 di agosto del 1880. Questa decisione serve a calmare i diplomatici stranieri, ma il Missionary Party non mette da parte il proprio rancore verso Moreno. Vista la vittoria di queste strategie provocatorie, i missionari decidono di proseguire e di chiedere le dimissioni degli altri membri del gabinetto. Persino il loro complice, il ministro Comly, a quel punto si dissocia dal piano e commenta disgustato: “Questi vecchi puritani non sanno riconoscere la sfumature: per loro vanno o tutti al governo tutti all'inferno”.
Tuttavia Kalakaua non si lasciava abbindolare facilmente. Ora che la concreta minaccia esterna al regno era stata dissipata almeno per il momento bisognava sfruttare al massimo la situazione. Per prima cosa chiede al successore temporaneo di Moreno, il ministro dell'Interno John E. Bush, di scrivere lettere di protesta a Londra, Washington e Parigi e di chiedere il permesso di richiamare in patria i rispettivi rappresentanti diplomatici che avevano interferito nella politica domestica hawaiana. Inoltre ordina a Bush di stabilire un accordo con Walter M. Gibson, una vecchia conoscenza di Moreno con cui condivide il modo di pensate ma più calmo e accomodante di Moreno, un italiano dal sangue caldo, e di acquisire il principale quotidiano locale in lingua inglese, il Pacific Commercial Advertiser, in modo da trasformare il portavoce del Partito dei missionari in una voce leale alla corona e in buoni rapporti con i dignitari stranieri. Infine il re manda Moreno come inviato speciale presso le corti europee e gli affida tre giovani hawaiani, Robert William Wilcox, Robert Napu'uako Boyd e James Kaneholo Booth, che studieranno in Europa secondo quanto previsto da una legge passata all’inizio di quell’anno.
Moreno parte per l'Europa il 30 di agosto. Dopo circa un mese il re capitola e approva un nuovo gabinetto composto da politici affiliati al Missionary Party e in questo modo li priva di ulteriori motivi di protesta. Evidentemente conosceva molto bene il personaggio di Machiavelli.
In breve tempo l’indignazione hawaiana nei confronti del Missionary Party e dei suoi complotti diventa palpabile. Subito dopo le dimissioni di Moreno, i ministri degli Esteri e quello delle Finanze, rispettivamente John Kapena e Simon Ka'ai, si riuniscono ancora una volta presso la chiesa di Kaumakapili; nel corso di questa riunione i leader hawaiani confermano la propria lealtà nei confronti del sovrano e ribadiscono la prerogativa del re ad appuntare un gabinetto di sua scelta. Il quotidiano in lingua hawaiana Ko Hawaii Pae Aina, indipendente sia dal governo che dal Partito dei missionari, pubblica un giornale in formato broadsheet sia in hawaiano che in inglese per denunciare i misfatti del Missionary Party e ribadire il potere esecutivo del sovrano. Non appena la notizia raggiunge le altre isole i cittadini si organizzano per sostenere il potere nativo. Verso la fine di settembre più di ottanta residenti del distretto di Koloa sull'isola di Kaua`i firmano una petizione per sostenere il sovrano e si dissociano dagli “haole” che avevano dichiarato sbagliate la scelte politiche del re. Mesi dopo, il giornale in lingua hawaiana gestito da Gibson, il Ka Elele Poakolu, pubblica un resoconto dettagliato “dell’affare Moreno”; la relazione conclude affermando quanto fosse stata scandalosa la mancanza di rispetto mostrata da parte del commissario britannico verso Moreno, nominato secondo la legge costituzionale, e ironicamente si chiede cosa farebbe il governo britannico se il commissario hawaiano a Londra mancasse di rispetto al primo ministro Gladstone allo stesso modo solo perché non gli piace come persona.

 

 

 

 

 

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Celso Cesare Moreno non metterà mai più piede sul suolo hawaiano; tuttavia il suo breve soggiorno di nove mesi sull’arcipelago, e soprattutto i suoi cinque giorni al commando del governo, influenzerà fortemente la storia futura delle Hawaii. Vari studiosi di storia hawaiana hanno scartato “l’affare Moreno” come un capriccio del re; di fatto, il rapporto di Kalakaua con Moreno faceva parte di un piano molto più vasto che mirava all’indipendenza e a una maggiore coesione politica interna al regno. Il re si era immediatamente reso conto dei benefici rappresentati dal progetto della linea telegrafica proposto da Moreno.
Una mappa del 1870 evidenzia le line telegrafiche esistenti e quelle in cantiere e mostra chiaramente come il tratto transpacifico fosse l’unico mancante per poter completare la rete telegrafica globale. Il progetto di Moreno non era pertanto stravagante o troppo futuristico; al contrario si trattava di un progetto al passo coi tempi e persino realistico per il 1880. Possedere una linea diretta di comunicazione col resto del mondo voleva dire non dover più subire i complotti del Missionary Party con o senza l'aiuto dei diplomatici americani. Questi complotti sarebbero infatti ritornati nel 1887 e a lungo andare avrebbero portato all’invasione del regno e alla sua occupazione da parte degli Stati Uniti nel 1893.
La natura dei piani geopolitici di Moreno spiega l'azione straordinaria dei diplomatici esteri.67 Da bravo repubblicano vicino a James Blaine, una figura centrale nei circoli imperialisti americani fautori del processo di occupazione del 1893-1898, Comly vedeva la crescente influenza cinese sull’arcipelago come un ostacolo agli interessi a lungo termine degli americani nella regione; d'altra parte dal punto di vista hawaiano questa influenza era più che benvenuta. La posizione delle Hawaii in quanto centro di comunicazione e commercio tra la Cina e gli Stati Uniti, sostenuto da capitali cinesi e americani, avrebbe notevolmente rafforzato la sua indipendenza politica e avrebbe precluso qualsiasi prospettiva futura di dominio unilaterale da parte degli Stati Uniti.
Inoltre, se la Cina avesse ottenuto una base alle Hawaii per poi diventare una potenza marittima nel Pacifico, le potenze occidentali non avrebbero più avuto lo stesso potere contrattuale con il Celeste Impero. Pertanto un'alleanza tra le Hawaii e la Cina avrebbe riequilibrato la bilancia del potere nel Nordest del Pacifico a favore dei paesi non occidentali. Questo spiega perché tutte le potenze occidentali fossero d’accordo sul fatto che Moreno dovesse lasciare il governo.
Per Kalakaua questo episodio confermava l'importanza cruciale di un’alleanza con altre potenze non occidentali per il futuro del proprio regno. Per cui, durante il resto del suoi giorni da sovrano, la politica estera del re si era focalizzata soprattutto sulla creazione di un'alleanza pan-asiatico-pacifica, come risulta evidente dalle sue visite personali all’imperatore Meiji e a Li Hongzhang, come pure dal tentativo di formare una lega asiatico-pacifica durante il suo viaggio attorno al mondo nel 1881; il primo passo verso l'unificazione delle isole polinesiane avveniva infatti nel 1887 con la creazione di una confederazione che includeva l’arcipelago di Samoa.

 

 

 

 

 

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Un’altra traccia importante dell’esperienza hawaiana di Moreno riguarda il suo contributo all’educazione di Wilcox, Boyd e Booth in Italia. Booth muore a Napoli nel 1884, invece Wilcox e Boyd tornano alle Hawaii e nel giro di pochi anni Wilcox diventa una figura importante nel mondo politico hawaiano. Dopo essersi assicurato che i tre giovani fossero in buone mani, Moreno lascia l’Europa e si stabilisce sulla costa orientale degli Stati Uniti, dove diventa famoso per il suo ruolo di difensore degli immigrati italiani poveri; solo di rado fa commenti su questioni hawaiane.
La sua passione per le isole si riaccende nel 1893, quando il più grande timore di Moreno e di Kalakaua si rivela fondato: il Missionary Party cospira con il rappresentante diplomatico statunitense e organizza un'invasione militare operata dalla forza navale americana, ottenendo così il controllo politico delle isole. Moreno protesta con ardore di fronte alla dittatura razzista instaurata dai missionari e cerca il sostegno del pubblico americano nei confronti della regina Lili’uokalani, sorella di Kalakaua. In queste circostanze riaffiora il suo vecchio progetto di trovare un alleato asiatico per le Hawaii; scrive infatti una lettera all'imperatore giapponese in cui denuncia gli abusi commessi dall'attuale regime contro il popolo hawaiano e chiede l’intervento del Giappone a favore degli hawaiani.
Di fatto il Giappone manda varie navi da guerra a Honolulu e prova in varie occasioni a boicottare il piano politico del Missionary Party, che prevedeva l'annessione dell’arcipelago da parte degli Stati Uniti. Tuttavia il mondo si incamminava verso un percorso diverso da quello per cui Moreno aveva combattuto. Durante la guerra ispano-americana del 1898 gli Stati Uniti occupano le Hawaii e questo evento segna la fine un processo che durava ormai da decenni; persino gli sforzi di Moreno per aiutare le comunità di migranti italiani si rivelano vani. Nel 1901 Moreno muore settantenne a Washington, in miseria e disilluso per non essere riuscito ad avverare i propri sogni.
Moreno da un lato era un uomo d'altri tempi, dall’altro era forse troppo avanti per la sua epoca. Apparteneva all’età romantica e forse per questo disdegnava l’imperialismo occidentale in voga nella seconda metà del XIX secolo; era però anche un uomo rinascimentale che sosteneva l’importanza del progresso scientifico purché non andasse contro gli ideali umanistici. Naturalmente nessuno di questi valori poteva trovare collocazione all'interno del mondo anglosassone, con la sua spietata efficienza affaristica e l’influenza del darwinismo sociale, che stava rapidamente prendendo piede anche alle Hawaii.
Ai primi del Novecento la voce di personaggi come Moreno si sarebbe rifatta sentire grazie alla crescita di un movimento globale anticoloniale. La voce discorde di Celso Moreno veniva messa a tacere nel momento stesso in cui si percepiva l'avvento di un nuovo movimento culturale. Quella di Moreno resta una figura enigmatica, per certi versi tragica, ma dai riflessi profondi nella memoria collettiva dell'epoca come simbolo della lotta all’imperialismo. (Louis Bousquet – Lorenz Gonschor, 2016)