April 2012. Il gioco.

 

 

 

 

L'uomo è pienamente tale solo quando gioca.
 
 
Friedrich Schiller

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo scrive F.Schiller nel 1795, perché nel gioco l'uomo si ritrova e si conosce: giocando, infatti, ogni individuo riesce a liberare la propria mente da contaminazioni esterne, quale può essere il giudizio altrui, e ha la possibilità di scaricare la propria istintualità ed emotività. Il gioco quando termina di essere parte integrante dell'esistenza, ovviamente intendo nella fase adulta dell'uomo, è presagio di declino, di cedere senza resistenza alla incidenza e incombenza degli anni. 
Giocare è voglia di vivere, di lottare, di mettersi ancora alla prova, di socializzare, di confrontarsi: quando lo si abbandona, perdendo parte del bimbo che è in noi e che deve sempre rimanere, è preoccupante ed occorre porvi rimedio con tutte le forze.
Come dice G.B.Shaw: "L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare."

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel cucciolo d'uomo è universalmente consolidato in ogni scuola di pensiero psico-pedagogico, che sia bisogno prevalente e vitale dell'infanzia, motivato da esigenze e implicazioni complesse di ordine formativo individuale e sociale. Attraverso il gioco il bambino sviluppa non soltanto le sue capacità fisiche, ma anche l'immaginazione, l'intelligenza, l'affettività, la socialità.
Il gioco è l'esperienza fondamentale oltre che il modo di esprimersi dell'infanzia: durante il gioco vengono apprese infinite nozioni e sperimentati atteggiamenti utili come tirocinio alla vita del futuro adulto. Con il gioco, grazie alle sue regole predefinite, è possibile trasgredire alle categorie mentali ereditate dalle figure genitoriali, per giungere a una ridefinizione del proprio modo personale di essere nel mondo e per vedere con occhi nuovi la propria storia passata. Il gioco, da questo punto di vista, quindi, agevola una definizione della propria identità.
Tuttavia, benché il gioco realizzi importanti finalità, non sia un'attività rivolta a un fine: è l'espressione libera, piacevole e spontanea della vita del bambino. La creatività è un aspetto potenziale della personalità che ognuno possiede fin dalla nascita: la sua realizzazione dipende in gran parte dalle opportunità che l'ambiente offre. Creativo non è soltanto colui che prospetta o produce qualcosa di nuovo, ma anche chi trova una diversa interpretazione e organizzazione dei dati già elaborati. La capacità di essere originale e inventivo è proprietà di chiunque agisce e pensa. La forza del pensiero creativo è quella di cercare nuove vie e nuovi modi per interpretare la realtà. In questa ottica si spiega l'importanza del gioco per lo sviluppo della creatività. 

 

 

 

 

 

 

 


Vorrei trattare il "mestée del mes", come al solito senza pretese, rammentando con foto raccattate nel web, salvo una, e descrivendo, a mio ricordo il più fedelmente possibile, alcuni giochi all'aperto di compagnia, che facevo negli anni 1950/1960 a Milano, in quel di Porta Romana, bocciofila e liscio con giardino Stella Alpina e dintorni, o in quel di Porta Vercellina, oratorio San Pietro in Sala e dintorni, partendo inevitabilmente dalla "conta".
I nomi sono quelli che usavamo all'epoca nei miei luoghi, variabili non solo nei nomi dei giochi stessi, ma anche nei termini e espressioni, nonché nelle regole, in dipendenza a luoghi e tempi, per cui, se ne avete l'età e li avete giocati in altro lido, quasi certamente avranno avuto le variabilità indicate.

 

 

 

 

 

 

 


La conta.


Solitamente era il "31", o il numero risultante dalle dita delle mani "buttate giù" dai giocatori; il "contatore" mescolava i numeri con le braccia sino allo stop di uno dei giocatori e quindi partiva col vero conteggio indicando progressivamente i giocatori in circolo: colui che fosse stato individuato dal numero prefissato avrebbe avuto il compito di iniziare il gioco, o di essere "sotto". Talvolta, in alternativa, erano usate tiritere o filastrocche quali "ambarabacciccì coccò", "hai visto mio marito", "pin, pin cavallin", "sotto il ponte di Baracca", o altre similari, che ora non ricordo. Infine, a gioco iniziato, poteva scattare l'"ultimo arrivato male accomodato", nel caso fosse arrivato un bimbo e volesse partecipare: in tal caso era suo il compito di iniziare nuovamente il gioco o di essere "sotto".

 

 

 

 

 

 

 

 

Prendersi o tighelét, classico o francese


Con la conta si indicava chi avrebbe dovuto rincorrere gli altri (colui che "ce l'ha", da cui il termine "tighelét"); se il "tighelét" riusciva a toccare un giocatore passava a quest'ultimo il compito di rincorrere nel gioco. 
La variante "francese" obbligava a rincorrere tenendo una mano sulla parte del corpo toccata dal precedente "tighelét", per cui si cercava di toccare in parti che creavano qualche impedimento alla corsa con conseguente difficoltà di prendere gli altri giocatori.

 


 
Arialzo


Il gioco era articolato come il "tighelét" classico, con la possibilità per i giocatori rincorsi di non poter essere presi qualora si ponessero in una posizione elevata rispetto al suolo. Ovviamente si dava un tempo massimo di poter rimanere "arialzo", oltre il quale, se il giocatore non scendeva cercando di raggiungere un altro "rialzo", diveniva automaticamente colui che "ce l'aveva", e avrebbe dovuto rincorrere gli altri giocatori.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nascondersi.


Con la conta si indicava chi stava "sotto": questi doveva contare ad alta voce col viso nascosto tra le braccia ed occhi chiusi appoggiato alla "toppa"(un muro, una parete, un albero) sino a 101 o numero concordato, mentre gli altri giocatori trovavano luoghi adatti per nascondersi nell'ambito di un territorio precedentemente delimitato. Terminata la conta, il giocatore che era "sotto", doveva muoversi per cercare gli altri. Non appena avesse individuato uno dei giocatori nascosti, avrebbe dovuto correre alla "toppa" e dichiarare ad alta voce il nome del giocatore visto, il quale se non raggiungeva la "toppa" prima del giocatore "sotto", sarebbe stato "toppato", e, al successivo turno di gioco, sarebbe stato il prossimo giocatore "sotto"; se invece il giocatore individuato fosse riuscito a raggiungere la "toppa" per primo, oppure raggiungerla senza essere individuato, era "libero"quindi non "sotto" alla prossima giocata.
Comunque il primo dei giocatori individuato e "toppato" sarebbe stato "sotto" al successivo turno di gioco, a meno che l'ultimo giocatore rimasto nascosto avesse voluto, non essendo stato individuato o avendo raggiunto la "toppa" prima del giocatore "sotto", dichiarare il "liberi tutti": in questo caso, tutti i giocatori "toppati" sarebbero stati liberati e il giocatore "sotto" avrebbe dovuto rimanere "sotto" anche nel turno di gioco successivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Strega colore.


Con la conta si indicava il giocatore che doveva dichiarare un colore esistente nel territorio precedentemente delimitato; dichiarato il colore, gli altri dovevano trovare il colore e toccandolo ivi fermarsi prima che il "dichiarante" fosse riuscito a prenderli rincorrendoli: il primo dei giocatori raggiunto prima di posizionarsi a contatto del colore sarebbe divenuto il "dichiarante" della successiva giocata. Se tutti i giocatori avessero trovato il colore prima di essere raggiunti, il giocatore "sotto" avrebbe continuato a esserlo anche nel turno di gioco successivo.

 

 

 
Mago libero.


Con la conta si sceglieva il "mago". Il "mago", iniziato il gioco, doveva rincorrere e toccare gli altri giocatori, che, se toccati, avrebbero dovuto fermarsi e rimanere immobili; gli altri giocatori avrebbero potuto "liberarli" toccandoli: in tal caso gli "immobilizzati" avrebbero potuto riprendere il gioco. Il gioco terminava quando il "mago" immobilizzava, prendendoli, tutti i giocatori. Il primo preso sarebbe stato "sotto" nel turno di gioco successivo.

 

 

 

 

 

 

 


Palla avvelenata.


Fondamentale era la presenza di un muro su cui far rimbalzare la palla. Con una conta si decideva il primo battitore. Tutti i giocatori aspettavano intorno al battitore che lanciasse la palla contro il muro chiamando, a scelta, uno di loro. Chi veniva chiamato, doveva afferrare la palla che aveva rimbalzato contro il muro, mentre tutti gli altri giocatori scappavano il più lontano possibile. Appena catturata la palla, gli altri giocatori dovevano interrompere la fuga e rimanere immobili.
Il giocatore con la palla poteva avanzare di tre passi e lanciarla contro uno dei giocatori, cercando di colpirli. Il giocatore poteva cercare di schivare la palla ma senza spostarsi con i piedi. Qualora fosse stato colpito, sarebbe stato eliminato dal gioco.
Eliminati tutti i giocatori, si riprendeva con la conta per un altro turno di gioco.

 

 

 

 

 

 

 

 

Le biglie di vetro, in alternativa i "tollini".


Una premessa dovuta è specificare, al di là di ogni tipo di gioco, i modi di "ciccare", che, a mio ricordo, erano due, sempre con biglia a terra: o con pollice di fermo e indice o medio colpitori, o con indice o medio di fermo e pollice colpitore.
Il cerchio.
Si tracciava, con del gesso se sull'asfalto o con un bastoncino se su terra, un cerchio abbastanza grande, poi, vi si inseriva il numero di biglie decise dai giocatori che sarebbero state in palio. Ogni giocatore, "ciccando" una biglia di pari dimensioni o un "boccione", una biglia più grossa, partendo da una distanza comune, ma poi "ciccando" dalle posizioni progressivamente acquisite, cercava di fare uscire più biglie possibili dal cerchio.
Una "ciccata" a turno per giocatore, salvo che un giocatore facesse uscire dal cerchio una biglia, nel tal caso avrebbe continuato a "ciccare"; il vincitore sarebbe stato il giocatore che avesse fatto uscire dal cerchio il maggior numero di biglie.
La buca.
Si poteva fare solo su terra più o meno battuta: si scavava una buca, poi, due opzioni di gioco possibili.
O sul bordo si posizionavano le biglie da mettere in palio, che dovevano essere "ciccate" in buca tirando ognun giocatore la propria biglia, senza che quest'ultima fosse carambolata nella buca, altrimenti la biglia imbucata avrebbe dovuto essere rimessa in gioco; il vincitore sarebbe stato il giocatore che avesse imbucato il maggior numero di biglie. O, partendo da una distanza consistente dalla buca, si doveva imbucare la propria biglia, e il vincitore era il giocatore che l'avesse imbucata per primo.
I medesimi giochi, in mancanza delle biglie, potevano essere fatti coi "tollini", ma il gioco sarebbe divenuto notevolmente più difficile.

 

 

 

Le biglie di plastica.

 

Era l'alternativa a quelle di vetro, e si giocava sulla spiaggia. Le biglie avevano all'interno foto di ciclisti, all'epoca Baldini, Gaul, Van Stembergen, Darrigade, e via.

La pista era fatta solitamente col sedere, trascinando per le gambe il volontario per disegnare il percorso piano; poi montagne e variazioni venivano fatte a mano. Si decidevano i giri e il primo che tagliava il traguardo, un colpo o con il pollice o con il dito medio dato singolarmente in ordine di vantaggio, era il vincitore: in pratica era una corsa.

 

 

 

 

 

 

 

 

Le figurine.


Le figurine erano quelle dei calciatori della Panini. Si giocava in due modi.
Col primo le figurine venivano appoggiate dai giocatori con la mano ad un muro ad una altezza di circa 150 cm. quindi venivano lasciate cadere a terra; se una di queste figurine finiva sopra ad un'altra, anche solo in parte, il vincitore aveva come premio la figurina "coperta". L'obbiettivo non era avere un vincitore ma acquisire figurine mancanti al proprio album.
Col secondo i giocatori lanciavano le figurine o verso un muro o verso una riga disegnata sul terreno o una bordura: il giocatore che o si avvicinava al muro o alla riga senza toccarli più degli altri avrebbe vinto le figurine dei giocatori concorrenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Bussolotti.


All'epoca il "tirabussolotti" era in vendita un po' ovunque ma alcuni spesso se li costruivano da soli, con lunghe canne provenienti da materiali di risulta (ideali le canne di alluminio dei lampadari, tubi di plastica, ecc.).
Il gioco consisteva nel dotarsi del "tirabussolotti"(monocanna, bicanna, pluricanna), la cui potenza era rapportata alla sua lunghezza e al suo diametro: più lunga era la canna e più piccolo era il suo diametro, più ampia era la gittata, e nel dotarsi dei "bussolotti", che dovevano essere preparati a decine, e erano fatti attorcigliando attorno a un dito strisce di carta che venivano appositamente tagliate in mazzetti regolari trattenuti alla cintola, ottenendo coni molto assottigliati che si fissavano con la saliva facendone roteare la punta fra le labbra.
Pronta la dotazione ci si organizzava in squadre oppure tutti contro tutti, si caricava il "tirabussolotti", infilandovi i "bussolotti", per lanciarli, soffiando, verso gli altri giocatori: chi veniva colpito era eliminato, ed i vincitori sarebbero stati o la squadra o il singolo giocatore che fossero non eliminati.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma siamo sicuri che le playstation o i vari giochi elettronici manovrati con stupefacente abilità dai bambini contemporanei siano superiori ai giochi che praticavano i ragazzi di una volta, giochi, ahimè, scomparsi e lasciati in un passato non tanto, poi, così remoto?
Mi hanno regalato, qualche tempo fa, dietro mia richiesta, un aggeggio complicato e, credo, costosissimo; in un momento di follia o megalomania credevo di poterlo domare, in qualche modo, e adoperarlo tranquillamente traendone rilassamento e diletto.
Già i primi dubbi sono arrivati nel collegare lo stesso aggeggio al televisore. "Basta inserire il cavo A nella presa B" andava dicendo il garrulo dimostratore, "e muovere il tasto F nella BRUFF, hai presente la BRUFF, no?, fino a far accendere la spia R, eccola accesa", e già sentivi dentro di te l'impossibilità non solo si giocare, ma di vedere mai montato tutto l'accrocco. Che fu però montato, e si incominciò a giocare. Credo fosse la battaglia di Stalingrado, o battaglia equipollente.
... Ma quando fu il mio turno, bé, allora, con una mano devo muovere questo tasto, con l'altra quest'altro,e con l'altra mano ancora il tasto per sparare -un momento, io ho solo due mani-, e finì che il mio eroe fu ucciso almeno dieci volte da non so quale cecchino nei primi due minuti e il gioco staccato(come è più facile smontare che montare), riposto e per sempre del tutto dimenticato.
Problema di sicuro generazionale. Ma anche noi, da ragazzi, giocavamo, e non smettevamo mai: senza elettricità e con niente inventavamo strumenti ludici, e ogni tanto mi prende un desiderio strano, la voglia di radunare qualche coetaneo e, in segreto, di nascosto, da qualche parte, rifare almeno uno dei vecchi giochi che, senza bisogno di attaccare una spina, resero felice la nostra infanzia. (F.Guccini)

 

 

 

 

 

 

 

 

Un nascere e un perire, un costruire e un distruggere,
che siano privi di ogni imputabilità morale
e si svolgano in un'innocenza eternamente eguale,
si ritrovano in questo mondo solo attraverso il gioco dell'artista e del fanciullo.
Come giocano il fanciullo e l'artista,
così il fuoco eternamente vivo gioca,
costruisce e distrugge in piena innocenza.
Questo è il gioco che l'Eone gioca con se stesso.
Trasformandosi in acqua e in terra,
egli costruisce come un fanciullo torri di sabbia vicino al mare,
costruisce e distrugge, di tanto in tanto egli ricomincia daccapo il gioco.
Un attimo di sazietà, e poi egli è colto di nuovo dal bisogno,
così come l'artista è costretto a creare dal bisogno.
Non è la scelleratezza, bensì è l'impulso a giocare,
risorgente sempre di nuovo, che suscita alla vita altri mondi.
Talvolta il fanciullo getta via il suo giocattolo,
ma subito lo riprende, per innocente capriccio.
E non appena costruisce, egli collega, adatta e forma,
in obbedienza a una legge e in base a un ordine intimo.
 
 
Friedrich Nietzsche