Setember 2013. USA... e getta.

 

 

 

 

USA... e getta. Dedico "el mestée del mes" agli Stati Uniti d'America: un paese, una cultura, una politica assolutamente da cestinare per il bene dell'umanità. Da salvare qualche ben individuata eccezione. Come sempre, senza pretese, ho raccolto testimonianze e considerazioni su alcuni temi di politica interna e estera.

 

 

 

 

 

 

 


A noi ci hanno insegnato tutti gli americani.
Se non c'erano gli americani... a quest'ora noi eravamo europei,
vecchi, pesanti, sempre pensierosi,
con gli abiti grigi e i taxi ancora neri.
Non c'è popolo che sia pieno di spunti nuovi come gli americani.
E generosi.
Gli americani non prendono mai.
Dànno... dànno. Non c'è popolo più buono degli americani.
I tedeschi sono cattivi. È per quello che le guerre gli vengono male!...
Ma ci riprovano, non stanno mai fermi.
Ci hanno il diavolo che li spinge: dai... dai!...
Intanto dio fa il tifo per gli americani.
E secondo me ci influisce, non è mica uno scalmanato qualsiasi, dio.
Ci influisce. E il diavolo si incazza.
Stupido, prende sempre i cavalli cattivi!...
Già, ma non può tenere per gli americani.
Per loro le guerre sono una missione.
Non le hanno mai fatte per prendere, macchè, per dare!
C'è sempre un premio per chi perde la guerra,
quasi, quasi conviene: "Congratulazioni, lei ha perso ancora!..."
E giù camion di caffè!
A loro gli basta regalare.
Una volta gli invasori si prendevano tutto del popolo vinto:
donne, religione, scienza, cultura...
Loro, no. Non sono capaci. Uno vince la guerra,
conquista l'Europa e trova...
non so... una lampada Liberty... che fa?
Il saccheggio è ammesso... la fa sua.
No! Civilizzano, loro. È una passione...
E te ne mettono lì una al quarzo: tutto bianco.
E l'Europa, con le sue lucine colorate, i suoi fiumi,
le sue tradizioni, i violini, i valzer...
E poi luce, e neon, e vita, colori... e poi ponti, autostrade,
grattacieli, aerei...chewingum!...
Non c'è popolo più stupido degli americani!
La cultura non li ha mai intaccati. Volutamente.
Sì, perché hanno ragione di diffidare della nostra cultura,
elaborata, vecchia, contorta.
Certo, più semplicità, più immediatezza...
Loro creano così. Come cagare.
Non c'è popolo più creativo degli americani.
Ogni anno ti buttano lì un film, bello, bellissimo.
Ma guai se manca un po' di superficialità.
Sotto sotto c'è sempre un po' il western.
Anche nei manicomi riescono a metterci gli Indiani.
E questa è coerenza.
Gli americani hanno le idee chiare sui buoni e sui cattivi.
Chiarissime, non per teoria... per esperienza.
I buoni sono loro!
E ti regalano idee, scatole di sigari, cassette di whisky,
navi, libertà, sapone, computer, squali, abiti usati...
Anche Eva Kant si veste ai mercatini!
A noi ci ha convinto l'America.
Se non c'era l'America... a quest'ora eravamo in India.
No, se non c'era l'America a noi... che ce ne fregava dell'India!
A me l'America non fa niente bene...
Troppa libertà, bisogna che glielo dica al dottore.
A me l'America mi fa venir voglia di un dittatore. 
Sì, un dittatore. Almeno si vede, si riconosce.
Non ho mai visto qualcosa che sgretola l'individuo come quella libertà lì.
Nemmeno una malattia ti mangia così bene dal di dentro.
Come sono geniali gli americani!
Te la mettono lì, la libertà è alla portata di tutti, come la chitarra.
Ognuno suona come vuole... e tutti suonano come vuole la libertà.


Giorgio Gaber, 1976

 

 

 

 

 

 

 


Prologo.


Gli USA sono una potenza che da più di mezzo secolo colpisce, con tranquilla e spietata coscienza, nei territori altrui, che negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale ha bombardato a tappeto Lipsia, Dresda, Berlino premeditando di uccidere milioni di civili perché, come dissero esplicitamente i comandi politici e militari statunitensi dell'epoca, bisognava "fiaccare la resistenza del popolo tedesco", che ha sganciato un terrificante, e inutile, bomba su Hiroshima e Nagasaki e che nel dopo guerra ha fatto centinaia di migliaia di vittime innocenti in ogni angolo del pianeta (lo scrittore, americano, Gore Vidal ha contato 250 attacchi militari che gli Stati Uniti hanno sferrato senza essere provocati).
L'11 settembre invece gli americani, per la prima volta nella loro storia, venivano colpiti sul proprio territorio. Pensavo che questa tragedia avrebbe insegnato loro qualcosa: l'orrore di vedere le proprie case cadere come castelli di carta, seppellendo uomini, donne, vecchi, bambini, famiglie, affetti.
Che gli avrebbe insegnato l'orrore dell'orrore ora che lo avevano vissuto sulla propria pelle. Che gli avrebbe insegnato che anche le vite degli altri hanno un valore, poiché tengono tanto alle proprie. Invece hanno continuato imperterriti. Come prima, peggio di prima. Loro hanno sempre la coscienza tranquilla, le tragedie degli altri non li riguardano, al massimo sono 'effetti collaterali'. (M.Fini, 2011)

 

 

 

 

 

 

 

 

Interno 1. Il voto.


Ogni quattro anni il mondo intero assiste al match elettorale tra un presidente in carica e il suo sfidante, con la stessa suspense che si prova assistendo attorno al ring a un combattimento fra due pugili. Eppure, solo un'infima minoranza degli "spettatori" conosce le regole stravaganti che disciplinano l'elezione presidenziale: stravaganti in quanto sono le medesime, immutate dal Settecento.
La prima bizzarria, almeno con gli occhi di oggi, sta nel sistema a doppio turno: non si vota direttamente per i candidati alla Casa Bianca; si vota in ogni Stato per dei grandi elettori, associati all'uno o all'altro candidato e che compongono il cosiddetto Collegio elettorale. E per rispettare lo spirito federalista della neonata nazione, per evitare cioè che i grandi Stati oscurassero i piccoli, si decise all'epoca che mini-Stati come il Delaware e il Rhode Island o grandi come la Pennsylvania avessero diritto a due senatori ciascuno.
Egualmente si decise che i grandi elettori fossero almeno due per ogni Stato, più un numero pari ai deputati inviati da ogni Stato al Congresso (questi sì corrispondenti alla popolazione di quello Stato). Già queste regole di "almeno due per ogni Stato" oggi risultano anomale, perché gli Stati meno popolosi sono più rappresentati che il Texas o la California: nei mini-Stati bastano 200 mila abitanti circa per votare un grande elettore, mentre in California ne occorrono 685 mila. Il numero dei grandi elettori è prefissato in 538; entrerà alla Casa Bianca chi se ne aggiudica almeno 270.
Qui sta la seconda bizzarria: chi vince in uno Stato, fosse anche per un solo voto di scarto, si prende l'intero mazzo di grandi elettori di quello Stato. Come in un sistema maggioritario "secco", chi ottiene il 50,1% dei voti si aggiudica tutti i delegati dello Stato. Ma così si sa in anticipo a chi dei due candidati andranno i voti della California (al candidato democratico), del Texas (al candidato repubblicano) e di molti altri. Di conseguenza la vera sfida si limita ai swinging States, un gruppetto di otto o nove Stati che storicamente oscillano fra uno schieramento e l'altro.
Peggio, con questo sistema può accadere che il voto dei grandi elettori non corrisponda al voto "popolare", l'unico a esprimere con precisione la reale volontà degli elettori; si è già verificato nel 1876, nel 1888 e da ultimo nel 2000, quando nei collegi elettorali il "perdente" Al Gore ottenne mezzo milione di voti in più del "vincente" Bush jr..
Meglio non pensare, poi, a cosa accadrebbe con un risultato di parità, 269 a 269: una serie allucinante di riconteggi nelle circoscrizioni, di ricorsi e controricorsi legali bloccherebbe per mesi il governo della Superpotenza. Si potrebbe arrivare, al limite, ad assegnare la Casa Bianca a un repubblicano e la vicepresidenza a un democratico (o viceversa), dato che in caso di perfetta parità spetta alla Camera eleggere il presidente e al Senato il vice.
Infine c'è una terza, grave anomalia. In Europa generalmente il cittadino riceve il certificato elettorale a casa e non gli resta che recarsi al seggio. Negli Stati Uniti, invece, per aver diritto al voto occorre iscriversi nelle liste elettorali, e all'atto dell'iscrizione occorre specificare il partito di appartenenza: o repubblicano o democratico o indipendente, alla faccia della segretezza del voto. Le liste vengono poi controllate dalle commissioni statali, che cancellano i nominativi di chi è interdetto dai pubblici uffici o presenta altre irregolarità: una "ripulitura" condotta spesso in maniera disinvolta a svantaggio dei cittadini più indifesi, soprattutto ispanici e neri.
Alle presidenziali del 2000 si è verificato in Florida un vero broglio elettorale, che finì per assegnare a Bush la Casa Bianca, compiacenti la Corte Suprema statale e poi di quella federale, composte in maggioranza da giudici conservatori. Un viluppo d'interessi e di pastette fra le tre massime istituzioni della Florida. Il governatore della Florida era Jeb Bush, fratello del candidato repubblicano, e il Segretario di Stato locale era Katherine Harris. Costei era per legge incaricata delle procedure di voto, e quindi avrebbe dovuto dimostrare imparzialità. Invece presiedeva pure il comitato elettorale repubblicano, era una ricchissima evangelica e con un sorriso alla Crudelia Demon proclamava ai quattro venti (testuale): "È dio a scegliere i nostri governanti". Dal Settecento sono state centinaia le proposte di emendare questo bizzarro sistema elettorale.
Non se ne è fatto nulla, benché i due terzi degli elettori intervistati dalla Gallup nel 2011 si siano detti favorevoli a farla finita col sistema vigente. Tutto ciò non fa che rinfocolare lo scetticismo di chi rifiuta di registrarsi e preferisce l'ironia: "Se servisse a cambiare alcunché, il voto verrebbe dichiarato illegale". Va a votare l'80% di chi guadagna più di 150 mila dollari l'anno, mentre il 60% dei meno abbienti non esercita il diritto di voto. (G.Cassini, 2012)

 

 

 

 

 

 

 


Interno 2. La povertà.


Se è vero che la sua economia sta dando segnali di ripresa, perché la povertà negli Stati Uniti sta crescendo così rapidamente? Mentre la borsa tocca i massimi degli ultimi anni, il numero degli americani che vive in povertà ha raggiunto livelli che non si registravano dal 1960. E' l'analisi che fa il blog "The Economic Collapse", che riporta 22 statistiche da analizzare e dal quale si evince che la povertà negli Stati Uniti è aumentata moltissimo dalla recessione del 2008 e non sta dando cenni di miglioramento.
Nonostante i guadagni delle aziende stiano crescendo, sta aumentando anche il numero di americani che accedono ai "food stamps" (programma di assistenza alimentare). Anche i prezzi delle case stanno aumentando (soprattutto nelle zone ricche), ma ci sono anche circa un milione di studenti delle scuole pubbliche americane che non hanno una fissa dimora. E' la prima volta che succede nella storia degli Stati Uniti.
La domanda che si pone il blog è: bisogna misurare il progresso economico degli Stati Uniti attraverso l'andamento del mercato azionario, pompato dall'inflazione causata dalla stampa di denaro della Riserva Federale, oppure bisogna misurarlo attraverso un'analisi approfondita della situazione delle classi medie e basse?
L'articolo vuole quindi dimostrare, attraverso 22 statistiche, quanto la società americana stia ancora soffrendo gli effetti di una recessione che sembra essere terminata solo in parte. Di seguito, le 22 statistiche che dimostrano quanto i livelli di povertà negli Stati Uniti siano cresciuti a dismisura:
1. Secondo l'Ufficio del Censimento americano, circa uno ogni sei americani vive in povertà. Il numero di americani che vivono in povertà è agli stessi livelli degli anni '60.
2. Aggiungendo il numero degli americani a basso reddito, si evince che la quantità di americani "poveri" o a basso reddito sono circa 146 milioni.
3. Al giorno d'oggi, circa il 20% dei bambini americani vive in condizioni di povertà: una percentuale maggiore di quella registrata nel 1975.
4. Circa il 57% di tutti i bambini degli Stati Uniti vive in case che sono considerate a "basso reddito", o impoverite.
5. La povertà è ancora più presente nelle città più piccole. Circa il 29,2% degli afroamericani con bambini ha a che fare con l'insicurezza alimentare.
6. Secondo uno studio diffuso recentemente, il 60% dei bambini di Detroit vive in condizioni di povertà.
7. Il numero dei bambini che vive con meno di due dollari al giorno è salito a 2,8 milioni, segnando una crescita del 130% dal 1996.
8. Per la prima volta nella storia, più di un milione di studenti delle scuole pubbliche degli Stati Uniti sono senza fissa dimora. Il numero è salito del 57% dall'anno scolastico 2006-07.
9. Il numero delle famiglie senza fissa dimora nell'area di Washington (la capitale e una delle più ricche regioni del paese) è salito del 23% dall'inizio della recessione.
10. Uno studio universitario stima che la povertà infantile costa all'economia degli Stati Uniti circa 500 miliardi l'anno.
11. Circa uno ogni tre bambini americani vive in una casa senza padre.
12. Le famiglie che hanno un capofamiglia di età inferiore ai 30 hanno un tasso di povertà del 37%.
13. Al giorno d'oggi, ci sono circa 20,2 milioni di americani che spendono più della metà del loro reddito per l'abitazione: un incremento del 46% rispetto al 2001.
14. Circa il 40% dei disoccupati negli Stati Uniti è stato senza lavoro per più di 6 mesi.
15. Un lavoratore americano su quattro ha un lavoro per il quale viene pagato meno di 10 dollari l'ora.
16. Si è verificato un grosso incremento dei "lavoratori poveri" negli ultimi anni. Circa un lavoratore su quattro porta a casa salari che si situano al di sotto della soglia di povertà.
17. Più di 100 milioni di americani sono iscritti ad almeno un programma di welfare del Governo federale.
18. Circa 45 milioni di americani fanno uso dei "food stamps" (il programma di assistenza alimentare). Quando Barack Obama assunse le redini del governo lo stesso dato si attestava a 32 milioni.
19. La quantità degli americani che aderiscono al programma di assistenza alimentare supera l'intera popolazione della Spagna.
20. Secondo dei recenti calcoli, la quantità degli americani che fa uso del programma di assistenza alimentare, supera il totale degli abitanti di "Alaska, Arkansas, Connecticut, Delaware, Distretto di Columbia, Hawaii, Idaho, Iowa, Kansas, Maine, Mississippi, Montana, Nebraska, Nevada, New Hampshire, Nuovo Messico, Oklahoma, Oregon, Rhode Island, South Dakota, Utah, Vermont, West Virginia e Wyoming", assieme.
21. Negli anni '70, circa un americano su cinquanta accedeva al programma di assistenza alimentare. Oggi, circa un americano su sei ne fa uso. Il dato ancora più allarmante è che più di un bambino su quattro accede allo stesso programma.
22. Anche il divario economico(dato 2011) tra i cittadini si è acuito in maniera drammatica. Il Gini Index, che misura la disuguaglianza sulla distribuzione del reddito, ha registrato un aumento dell' 1,6% del divario nel 2011, rispetto all'anno precedente. I dati mostrano come la disuguaglianza economica tra i cittadini degli Stati uniti nell'ultimo anno abbia superato i livelli di paesi come l'Uruguay, l'Argentina e il Bangladesh.
Purtroppo, tutti questi problemi sono il risultato di un declino economico lungo e grave. La povertà negli Stati Uniti sta raggiungendo livelli altissimi nonostante i segnali di ripresa macroeconomica che sta registrando il paese transoceanico. (Web site "Crisi economica". 2013)

 

 

 

 

 

 

 


Interno 3. Il sistema giudiziario.


Secondo il governo statunitense il 95% delle condanne per i felonies (imputati per crimini che prevedono pene superiori all'anno) viene ottenuta con il patteggiamento (per i delitti federali è il 97 e in Texas il 98) Lo stesso accade, grazie all'American Rule, nella quasi totalità delle cause civili, mentre il 60-70% delle condanne per omicidio criminale (murder e manslaughter) è ottenuta con lo stesso sistema.
Per i misdemeanors(imputati per crimini che prevedono pene inferiori all'anno) la procedura è estremamente sommaria e si ritiene che, nei due terzi dei casi, il procedimento non duri più di un minuto. Questa rapidità è dovuta al fatto che, nelle corti of limited jurisdiction che sbrigano queste faccende, la presenza di un avvocato difensore non è prevista e spesso nemmeno consentita.
Prassi comune è quella di tenere gli arrestati che non hanno i soldi per pagare la cauzione e non si possono permettere un avvocato, in prigione per un tempo pari o superiore a quello che si prenderebbero in caso di condanna. Poi, una dozzina alla volta, l'avvocato d'ufficio li porta, incatenati, davanti al giudice dove li fa dichiarare colpevoli e condannare al "time served" (cioé ad una condanna che equivale quello del tempo già trascorso in prigione).
Questo sistema, che funziona perché tutte le parti in causa ne accettano le regole, deve sbrogliare una quantità di lavoro immensa. Le 18.000 polizie statunitensi arrestano, anche se metà dei crimini gravi non è denunciata, più di un milione di persone al mese.
I processi davanti a una giuria (quelli che producono la nostra conoscenza telefilmica della giustizia americana) sono circa 100.000 e il verdetto non è motivato. La giuria non deve spiegare perché vi dichiara colpevole o non colpevole e nemmeno perché vi manda al patibolo. Le sentenze sono di norma immediatamente esecutive e il condannato va, o torna, in prigione direttamente dall'aula. Nella metà delle 1.200.000 condanne per i felonies il giudice decide di "mettere in prova" il condannato e di non mandarlo in prigione: il 5% dei condannati per murder(omicidio volontario di primo o secondo grado) va in probation(il rilascio "in prova") e un altro 5% sconta una breve pena nelle jails(prigioni), mentre solo il 2-3% finisce nel braccio della morte.
Questa enorme quantità di arresti e condanne ha prodotto il più grande esperimento di incarcerazione di massa dai tempi di Stalin e l'immenso gulag americano è arrivato ad accogliere due milioni e cinquecentomila carcerati. Sono 1.600.000 i galeotti che stanno scontando condanne superiori a un anno nelle carceri statali e federali (trent'anni fa erano 200.000). Gli ergastolani sono 140.000: 40.000 LWOP, di cui 2.000 erano minorenni al momento del crimine. Degli 800.000 che affollano le jails circa 500.000 sono, più che in attesa di giudizio, in attesa che qualcuno gli trovi un difensore d'ufficio. A questa enorme massa bisogna aggiungerne 4.200.000 in probation e 800.000 in parole (non hanno scontato tutta la pena). Il turn over è impressionante: nel 2003 è stato, nella probation, di 2.200.000 persone e nelle carceri di 600.000, più di un milione al mese quello nelle jails.
In America l'appello non è un diritto costituzionale (11 stati non hanno le corti d'appello e non molto tempo fa erano molti di più) e solo i condannati a morte godono di una revisione automatica della loro condanna, ma questa non è un rifacimento del processo. L'appello americano è una revisione della costituzionalità e correttezza formale del primo procedimento: in esso non si riascoltano i testi, non c'è la giuria e il condannato ha perso la sua presunzione d'innocenza.
Il sistema giudiziario prevede corti d'appello e supreme in ogni stato. Per ogni stato c'è almeno un distretto giudiziario federale e i distretti sono raggruppati in 11 circuiti federali. Sopra tutti c'è la Corte Suprema Federale. Le corti d'appello hanno una grande discrezione nel decidere quali casi udire e quali respingere senza spiegazione. Basti pensare che la Corte Suprema Federale riceve 7-8.000 richieste l'anno ed emette solo 60-70 sentenze.
L'appello capitale può diventare una messa cantata pluridecennale, ma per tutti gli altri la musica è ben diversa. L'appello vene concesso molto raramente e mai per chi ha patteggiato. I suoi tempi sono così lunghi che, per rimettere in libertà i 13 innocenti di Tulia, il Texas ha dovuto fare un'apposita legge. Capita spesso che l'innocenza di qualcuno condannato a 5 - 10 anni venga riconosciuta solo a condanna interamente scontata. (C.Giusti, 2012)

 

 

 

 

 

 

 


Interno 4. L'istruzione.


"Papà, la lotteria non è quella cosa dove non vince quasi nessuno?" Daisy ha 12 anni, vive a Los Angeles, la sua domanda è angosciosa. Una bambina non può capire che l'iscrizione a scuola è una vera lotteria dove quasi tutti perdono. Perde anche lei, alla fine. La scena dell'estrazione a sorte, l'assurda lotteria della speranza, apre e chiude il documentario Waiting for Superman. Un film-verità sulla débâcle del sistema scolastico nella nazione più ricca del pianeta. Un terribile atto d'accusa che sta lacerando l'America: elogiato da Barack Obama in tv, criticato da molti commentatori liberal, compreso il New York Times.
Lo ha realizzato Davis Guggenheim, il regista di Una scomoda verità che nel 2006 costrinse l'America a interrogarsi sul cambiamento climatico, vinse due Oscar, valse il Nobel ad Al Gore. Ha fatto centro un'altra volta: il Washington Post prevede che "questo film avrà un impatto almeno eguale al documentario sull'ambiente, a pochi giorni dalla sua uscita sugli schermi è già chiaro che sarà al centro del dibattito nazionale almeno per due anni".
La maggioranza delle scuole statali in America sono delle fabbriche di analfabeti, i risultati in termini di apprendimento sono disastrosi e per di più prevedibilissimi visto che si ripetono da un anno all'altro. I dati possono sembrare incredibili per chi ancora ha una certa immagine dell'America. Il film li martella senza pietà, ricorrendo ai cartoni animati per associare numeri e immagini: "Fra i 30 paesi più sviluppati l'America figura al 25esimo posto nell'apprendimento scolastico della matematica, al 21esimo nelle scienze. Il 69% dei suoi alunni di terza media non sa leggere e scrivere in modo adeguato. Il 68% è insufficiente in matematica. In California (cioè lo Stato più ricco degli Usa) il 20% dei liceali lascia la scuola senza neppure ottenere il diploma di maturità. La percentuale di abbandono scolastico prima della maturità sale al 26% tra gli ispanici, al 35% fra i neri".
Solo gli straricchi hanno una via di fuga nelle scuole private di élite: così costose (fino a 30.000 dollari di retta annua) da essere inavvicinabili perfino per il ceto medioalto. L'altra speranza è iscrivere i figli a una delle rare scuole pubbliche di qualità, dai risultati accademici comprovati negli anni. C'è chi trasloca apposta, sobbarcandosi il costo di acquisto di una nuova casa, pur di abitare in un quartiere "celebre" perché ha una scuola statale buona. Ma questi istituti sono rari e sommersi dalle domande d'iscrizione. Ecco dove scatta la lotteria. In cerca di un criterio equo e imparziale, le buone scuole sono costrette a estrarre a sorte i nomi dei pochi privilegiati. Meno del 10% ce la farà.
Una terribile roulette russa, che Waiting for Superman descrive minuto per minuto, seguendo le storie di cinque bambini a New York, Washington, Los Angeles. Gli esclusi finiranno condannati su un binario morto, in un sistema di serie B dove accumuleranno lacune, brutti voti, ritardi di conoscenze. Al momento dell'ingresso all'università, se nutrono quell'aspirazione, saranno scartati dalle severe eliminatorie del numero chiuso. "Se manchi l'occasione giusta sei già condannato dall'età di sei anni, sarai un fallito per sempre", è una delle constatazioni feroci del film. In un'altra scena angosciosa un nero che oggi è diventato uno dei riformatori del sistema scolastico passa in auto davanti a un supercarcere e commenta: "La maggior parte dei miei compagni di scuola sono finiti là dentro. È una soluzione costosa: il contribuente paga fino a 30.000 dollari l'anno per ogni carcerato. Se avessero avuto una scuola decente, l'America avrebbe speso di meno".
La realtà dipinta in Waiting for Superman" non riguarda solo le minoranze etniche e i poveri. Tutt'altro. Una delle ragazze, di cui il film segue la storia, appartiene a una famiglia agiata della Silicon Valley californiana. Anche lei costretta alla lotteria, per fuggire dalla "scuola designata" e scadentissima del suo quartiere. "La maggioranza dei nostri ragazzi ha un destino segnato dal codice postale", è il commento amaro: a seconda del tuo luogo di residenza ti tocca una certa scuola statale.
Com'è possibile che l'America sia precipitata così in basso? Il primo allarme sul declino della sua scuola pubblica risale al 1955, il best-seller Why Johnny Can't Read (perché Johnny non sa leggere) denunciò la condizione di "un dodicenne esposto agli effetti di una normale scuola americana". Da allora ogni presidente si è cimentato con qualche riforma, e il documentario gioca sulle immagini d'archivio per ricordare le promesse mancate di Nixon, Carter, Reagan, Clinton. Al punto che gli americani sembrano davvero "aspettare Superman", perché risolva questa crisi. I cui effetti sono stati mascherati a lungo dall'eccellenza delle grandi università. Soprattutto negli studi post-laurea, l'università Usa resta la migliore del mondo e questo le consente di attirare i cervelli asiatici ed europei.
"Entro il 2020, avverte il film, l'economia americana dovrà riempire 123 milioni di posti di lavoro ad alta qualificazione. Ma ci saranno meno di 50 milioni di americani con l'istruzione adeguata". Finora quel divario è stato riempito importando informatici indiani, ingegneri cinesi, medici vietnamiti o italiani. Quanto può durare? E che fine faranno "gli scarti" che non hanno la formazione giusta? Che funzione sociale ha un sistema scolastico dove, "se entri in prima elementare con delle difficoltà a leggere, hai la quasi-certezza di conservare quel ritardo per tutta la tua carriera scolastica?"
Nel documentario di Guggenheim ci sono gli eroi positivi. Geoffrey Canada è l'insegnante nero che ha creato la Harlem Children Zone per offrire scuole di eccellenza nel quartiere storicamente degradato di New York. Michelle Rhee è la soprintendente alle scuole di Washington, che osa sfidare il potente sindacato degli insegnanti per introdurre gli aumenti di merito e il licenziamento dei prof più incapaci o assenteisti. La Rhee è di origine cinese, e i sistemi asiatici sono la "frusta" per spronare l'America a risvegliarsi dal suo torpore. Là dove lo Stato non ce la fa intervengono i filantropi privati: il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, segue l'esempio di Bill Gates e dona 100 milioni alle scuole degradate del New Jersey. Ma il messaggio del film è doloroso, controverso. Il New York Times denuncia "l'accanimento contro gli insegnanti". Il sindaco di Washington è stato sconfitto e Michelle Rhee perderà il suo posto, malgrado l'appoggio personale di Obama che con il suo programma "Race to the Top" ha introdotto più flessibilità e meritocrazia nel sistema statale. "Il ceto medio americano, osserva l'esperta di pedagogia Judith Warner, non ama sentirsi dire che manda i figli in una scuola da Terzo mondo". È un'altra verità scomoda che molti preferiscono ignorare. Meglio aspettare Superman. (F.Rampini, 2010)

 

 

 

 

 

 

 


Interno 5. La salute.


"L'aspettativa di vita è un metro del nostro carattere, di quale tipo di società siamo". Così il reverendo Jesse Jackson ha commentato i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista "Health Affairs", che ha evidenziato un significativo calo della speranza di vita per alcuni settori della popolazione americana tra il 1990 e il 2008.
Secondo l'indagine, la durata media della vita sarebbe calata di 5 anni per le donne bianche prive di un diploma di scuola superiore, e di 3 anni per gli uomini bianchi con lo stesso livello di istruzione. Le ragioni del fenomeno non sono chiare, ma i ricercatori offrono alcune spiegazioni possibili, come l'abuso di farmaci, l'obesità, il fumo e, soprattutto, la qualità delle cure mediche disponibili. Secondo l'American Cancer Society, infatti, se nel 1993 gli adulti privi di un diploma di scuola superiore che non avevano un'assicurazione sanitaria erano il 35%, la percentuale è aumentata al 43% nel 2006.
Lo studio pubblicato su "Health Affairs" ha messo in evidenza anche che, nel periodo 1990-2008, è lievemente cresciuta la speranza di vita per la popolazione afroamericana con un livello d'istruzione medio-basso. Le distanze tra bianchi e neri, se si considera la popolazione generale, rimangono comunque consistenti. Esaminando i dati della mortalità infantile riportati dal Census Bureau, ad esempio, si vede che nel 2004 i bambini morti ogni mille nati vivi erano 5,66 per la popolazione bianca e 13,79 per la popolazione nera. Se la mortalità infantile che si registra nella comunità nera rappresentasse il dato medio, gli Stati Uniti si collocherebbero all'88° posto a livello planetario.
Il dato sulla speranza di vita, nel complesso, pone il paese agli ultimi posti tra i paesi industrializzati. Il calo dell'aspettativa di vita è un fenomeno impressionante per gli Stati Uniti, eppure non ha trovato alcuna eco nella campagna per le elezioni presidenziali del 6 novembre. (A.Soggia, 2011)

 

 

 

 

 

 

 


Esterno 1. L'incredibile elenco.


Era il 17 settembre 1962, durante la presidenza di John Fitzgerald Kennedy, e il segretario di Stato Dean Rusk cercava di convincere in seduta congiunta il comitato del Senato per le relazioni estere e quello per le forze armate che un intervento militare contro la rivoluzione cubana rientrava nella tradizione geopolitica degli Stati uniti. A questo scopo presentò un documento, "Instances of use of the United States Armed Forces abroad 1798-1945", che elencava 168 interventi armati americani all'estero dal 1798 al 1945.
La lista parla da sola per dimostrare quanto sia ingiustificata l'idea, pure assai diffusa, secondo cui gli USA sarebbero stati isolazionisti, almeno fino alla guerra contro la Spagna del 1898, e più in generale fino alle guerre mondiali. Questa cronologia costituisce perciò un utile strumento sia didattico, sia pedagogico, per chi vuole imparare e per chi vuole insegnare la storia degli Usa, e anche per chi vuole solo capire la pratica che ha plasmato la loro cultura politica.
Di seguito ho riportato l'ultimo documento aggiornato al 2022 redatto il 30 agosto 2013 dall'USA Congressional Research Service per i membri e le commissioni del Congresso USA, "Instances of use of the United States Armed Forces abroad 1798-2013", che elenca 382 operazioni militari. Ovviamente sono riportati gli interventi ufficiali e diretti. Sono esclusi gli, altrettanti se non più, interventi sotto copertura, secretati, indiretti. Clicca sulla locandina per aprire il documento.

 

 

 

 

Di seguito, sempre cliccando sulla seconda locandina per il documento aggiornato al 2022.

 

 

 

 

 

 

Infra.


Ma ciò che vorrei sapere è da dove deriva l'autorità morale degli Stati Uniti per tracciare 'linee rosse' sull'uso delle armi chimiche. Furono loro a usarle massicciamente in Vietnam negli anni '70, e furono loro, nel 1985, a fornirle a Saddam in funzione antiraniana e, in prospettiva, anticurda. Faccenda a cui il rais si adoperò diligentemente, finita la guerra, sui curdi (5000 persone 'gasate' in un sol giorno nel villaggio di Halabya) e, in modo più prudente, sui soldati iraniani cui peraltro Khomeini aveva proibito l'uso di queste armi perché 'contrario alla morale del Corano', così come, e per lo stesso motivo, il Mullah Omar, nel 1998 aveva proibito le mine anti-uomo.
Nella guerra contro la Serbia gli Usa utilizzarono bombe all'uranio impoverito. Più di 50 militari italiani ne sono rimasti contaminati, ammalandosi di leucemia. Eppure avevano preso le loro precauzioni. Si può immaginare l'effetto di questo 'uranio impoverito' sugli ignari civili serbi e soprattutto sui bambini che viaggiano a un metro da terra e sono abituati a toccar tutto (ma il calcolo, prudentemente, non è stato divulgato). Nel 2001 gli americani per prendere Bin Laden hanno spianato le montagne dell'Afghanistan a colpi di bombe all'uranio (che sarebbe come cercare di uccidere un moscerino sparandogli contro una palla di cannone) e il ministro della Difesa Rumsfeld ammise che per "stanare i terroristi useremo anche gas tossici e armi chimiche". (M.Fini, 2013)

 

 

 

 

 

 

 


Esterno 2. Crimini contro l'umanità: le armi atomiche.


Ad ogni anniversario dello sterminio delle donne e degli uomini di Hiroshima e Nagasaki, la domanda a cui si tenta di rispondere è: "perché?".
Oggi, grazie all'ampia documentazione a disposizione, a questa domanda si può rispondere senza particolari incertezze. Ma non solo. La domanda, da generico sgomento di fronte all'orrore che quell'avvenimento continua a suscitare, può essere meglio formulata e articolata: perché il presidente americano Truman autorizzò un crimine contro l'umanità dopo che il Giappone si era arreso? E come è stato possibile che questo crimine contro l'umanità sia rimasto impunito?
La sequenza degli eventi può essere ricostruita nel dettaglio. La Germania ha firmato la resa l'8 maggio 1945 e anche il Giappone è ormai pronto ad arrendersi: non ha più un apparato militare offensivo con "milioni di persone senza casa e le città distrutte nella percentuale del 25-50%" (dichiarazione dell'8 luglio 1945 dell'Us-British Intelligence Committee). Ciò che accade nel mese di luglio è particolarmente importante: è una storia in cui si intrecciano i rapporti tra Usa e Urss per il controllo del Sud Est asiatico, la volontà degli scienziati di sperimentare la bomba atomica, la decisione di sterminio di un presidente americano, il destino della popolazione inerme di due città giapponesi. Documenti, a lungo rimasti segreti e censurati, mostrano che la resa del Giappone avviene il 12 luglio quando l'imperatore giapponese, attraverso il suo primo ministro Togo, invia un telegramma all'ambasciatore Sato a Mosca in cui chiede alla Russia (che non ha ancora formalmente dichiarato guerra al Giappone) di fare da intermediaria per trattare la resa.
L'imperatore è per una resa incondizionata e chiede solo che questa non comporti la sua destituzione per salvaguardare la "sacralità" della sua figura (condizione, del resto, che verrà accettata dal governo americano, ma solo dopo aver sperimentato le due bombe atomiche). Truman è a conoscenza della resa dell'imperatore, come risulta dal suo diario autografo (reso pubblico dopo gli anni `70) in cui scrive il 18 luglio: "Stalin aveva messo a conoscenza il Primo Ministro del telegramma dell'imperatore giapponese che chiedeva la pace. Stalin mi disse inoltre cosa aveva risposto. Era fiducioso. Credeva che il Giappone si sarebbe arreso prima dell'intervento russo". Da notare che sempre nello stesso diario Truman aveva annotato il giorno prima che "Stalin dichiarerà guerra al Giappone il 15 agosto. Quando avverrà, sarà la fine per i giapponesi".
Il 16 luglio, intanto, era stato fatto il primo test della bomba atomica nel New Mexico e Truman era stato ufficialmente informato che il risultato del test era positivo: la bomba era pronta e poteva essere sganciata sul Giappone. La fine della guerra e la resa del Giappone sono previste entro poche settimane (tra il 18 luglio e il 15 agosto). Ciononostante, la decisione di Truman è quella di usare la bomba, distruggere due intere città giapponesi e condannare ad una morte atroce uomini donne, bambini inermi. Ancora una volta la domanda è: perché?
La risposta oggi convergente da tutte le fonti è che ciò ha influenzato la decisione di Truman non era un temuto prolungamento della guerra (ormai di fatto terminata) ma il dopoguerra: se l'Urss avesse dichiarato formalmente la guerra al Giappone il 15 agosto, le sue armate avrebbero potuto entrare prima di quelle americane nel Giappone arreso ed in ogni caso, nel dopoguerra, gli Stati uniti avrebbero dovuto spartire con l'Urss la loro sfera di influenza nel Sud Est asiatico.
Si tratta di una ipotesi confermata da una osservazione di Winston Churchill, il 23 luglio 1945: "E' chiarissimo che al momento gli Stati uniti non desiderano la partecipazione russa alla guerra con il Giappone". Nella stessa direzione vanno altre testimonianze. Nel diario di James V. Forrestal (ministro della marina Usa) si può leggere che "il segretario di stato Byrnes aveva una gran fretta di concludere la questione giapponese prima che i russi entrassero in gioco".
Il fisico Leo Szilard (che firmò il 7 luglio del 1945 la prima petizione contro l'utilizzo della bomba atomica) nel 1948 ha scritto: "Mr. Byrnes non argomentò che l'uso della bomba atomica contro le città del Giappone fosse necessario per vincere la guerra. Egli sapeva, come anche tutto il resto del governo, che il Giappone era battuto sul campo. Però Byrnes era molto preoccupato per la crescente influenza della Russia in Europa".
Anche Albert Einstein (New York Times, 14 agosto 1946) affermò che nella decisione di gettare le due bome atomiche la causa principale era stato "il desiderio di metter fine con ogni mezzo alla guerra nel Pacifico prima della partecipazione della Russia. Io sono certo che se ci fosse stato il presidente Roosevelt questo non sarebbe accaduto. Egli avrebbe proibito un'azione del genere". Sembrerebbe, dunque, che ci troviamo di fronte ad un crimine contro l'umanità come "misura preventiva".
Contro l'uso dell'atomica si dichiararono le massime autorità militari. Dice il generale Dwight D. Eisenhower: "Ero convinto che il Giappone fosse già sconfitto e che il lancio della bomba fosse del tutto inutile... In quel momento il Giappone stava cercando un modo per arrendersi il più dignitosamente possibile. Non era necessario colpirli con quella cosa spaventosa".
E dello stesso tipo sono le dichiarazioni dell'ammiraglio William Leahy, capo di stato maggiore: "I Giapponesi erano già sconfitti e pronti alla resa. L'uso di questa arma barbara contro Hiroshima e Nagasaki non ci fu di nessun aiuto nella nostra guerra contro il Giappone. Nell'usarla per primi adottammo una norma etica simile a quella dei barbari nel medioevo. Non mi fu mai insegnato a fare la guerra in questo modo, e non si possono vincere le guerre sterminando donne e bambini".
Leahy individua anche il gruppo che è stato più a favore: "Gli scienziati ed altri volevano sperimentarla, date le enormi somme di denaro che erano state spese nel progetto: due miliardi di dollari". Quindi, a parte il limitato gruppo dei fisici che era sulle posizione di Szilard e Einstein, c'è un gruppo consistente di attori legati al costosissimo progetto Manhattan che desidera "rendere produttivo l'investimento".
Si arriva così al 25 luglio, quando il Comitato presieduto da Truman e Byrnes (con anche la presenza del rettore dell'Università di Harward James Conant, invitato al Comitato "a nome della società civile", che vergognosamente appoggia lo sterminio) ordina al generale Caarl Spatz dell'Air Force la "missione atomica" su quattro possibili obiettivi (Hiroshima, Kokura, Niigata e Nagasaki) indicando una data provvisoria (il 3 agosto). La prima bomba atomica scenderà sul centro di Hiroshima il 6 agosto alle ore 8,15 del mattino quando le scolaresche vanno a scuola e le donne e gli uomini al lavoro; la seconda scenderà il 9 agosto alle 11,02 nel quartiere più povero (prevalentemente cattolico) di Nagasaki (tra le due bombe arriva, ormai ininfluente, la dichiarazione di guerra della Russia al Giappone).
Per documentare l'entusiasmo che l'annuncio di questo crimine contro l'umanità riceve negli Stati uniti si può ricordare la testimonianza del fisico Sam Cohen sulla sera del 6 agosto 1945: "Quella sera, Oppenheimer non passò dall'ingresso laterale, fece piuttosto una entrata trionfale come Napoleone al ritorno di una grande vittoria. Mentre entrava, tutti - a eccezione forse di una o due persone - si alzarono in piedi applaudendo e battendo i piedi; erano veramente orgogliosi che ciò che avevano costruito avesse funzionato ed erano orgogliosi di se stessi e di Oppenheimer". Nonostante l'euforia, Truman si rende conto che non può rivelare al mondo che ha ordinato un crimine contro civili senza che ve ne fosse bisogno per finire la guerra. Due sono le strategie utilizzate: la menzogna e la censura. La prima menzogna (quella con le gambe corte) è detta da Truman alla radio il 9 agosto quando afferma che "la prima bomba atomica è stata sganciata su Hiroshima, una base militare".
La seconda menzogna (quella con le gambe lunghe) serve a nascondere che il Giappone aveva già dichiarato la resa: la bomba è "giustificata" dal numero di morti americani evitato. Come affermò Truman il 15 dicembre 1945: "A me sembrava che un quarto di milione dei nostri giovani uomini nel fiore degli anni valesse un paio di città giapponesi". Viene poi fatta scattare una durissima censura sia negli Stati uniti che in Giappone. Ad Eisenhower viene inviato il 2 aprile 1946 un memorandum in cui si ordina: "Da nessuno dei documenti destinati alla pubblicazione deve risultare che la bomba atomica fu lanciata su un popolo che aveva già cercato la pace" e nel 1946 venne approvato l'Atto dell'energia atomica che prevedeva l'ergastolo e la pena di morte per chi divulgasse "documenti protetti da segreto con lo scopo di danneggiare gli Stati Uniti".
In Giappone il silenzio stampa e la censura di qualunque commento critico all'uso dell'atomica furono ferrei fino al 1949. Le due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki non hanno segnato, dunque, la fine della seconda guerra mondiale ma l'inizio di una nuova era. Quella che usa lo sterminio come misura preventiva, separa l'economia e la politica dall'etica, difende la "neutralità" della ricerca scientifica, legittima la menzogna e l'impunità per chi ha il potere. (Vittorio Capecchi, 2005)

 

 

 

 

 

 

 


Esterno 3. Crimini contro l'umanità: le armi chimiche.


Milioni di vietnamiti continuano a fare i conti con l'eredità dell'"agente orange", il defoliante usato dalle truppe degli Stati uniti durante la guerra. Furono irrorati 3 milioni e mezzo di ettari di terreno: l'agente chimico ha contaminato l'acqua, è entrato nella catena alimentare, nel latte materno. Erano gli anni `60, ma bambini menomati continuano a nascere. La vera storia dell'agente orange resta da scrivere.
Hong è nata nel 1954 nella comunità di Duc Phong e tra il `67 e il `72 venne ferita e contaminata dall'orange mentre imperversava la battaglia a Ba To e Tra Bong, zone obiettivo dei bombardamenti alla diossina. La sua prima figlia, Nhung, nascerà nel 1988, oltre dieci anni dopo la fine del conflitto. Ma fino a sette anni, non riuscirà nemmeno a camminare. I suoi due fratellini muoiono mentre sono allo stato fetale. Tra il `68 e il `69, ricorda Hong, nessuno riusciva a coltivare un pezzo di terra nel villaggio. Persino i pesci perdevano le squame, mentre lei diventava paonazza e si riempiva di ulcerazioni.
Il Tcdd, micidiale defoliante chiamato anche "agente orange", venne sparso su oltre 3 milioni e mezzo di ettari di terra in Vietnam. Distrusse tutto. Lo scopo era far terra bruciata della foresta. Spogliarla, perché potesse rivelare i nascondigli dei vietcong lungo la linea demilitarizzata o nei meandri del sentiero di Ho Chi Minh che portava rifornimenti dal Nord. Ma la diossina penetrava nel suolo, contaminava l'acqua e si incistava nella catena alimentare.
Male oscuro e spesso lontano, l'"agente orange" colpiva a distanza. Dieu, ad esempio, non era mai stata in una zona irrorata, ma si sposò con Bieu che aveva combattuto a Quang Nam-Da Nang, dov'era stato esposto. Lui ne morì. Ma non prima di sei gravidanze di sua moglie, con cui si era sposato nel `75, a guerra finita. Un figlio è nato morto: due sono vivi e sani. Ma altri due, racconta Dieu, sono portatori di handicap. Un ricordo indelebile del regalo di matrimonio che la guerra fece alla sua famiglia. Un regalo maledetto che resiste nel tempo. Questi racconti, riassunti da una ricerca compiuta da un'organizzazione non governativa vietnamita, fanno riaffiorare alla memoria la tragedia del diserbante alla diossina, una delle pagine peggiori della guerra in Vietnam. Ma se la vicenda dell'"orange" fosse soltanto uno dei tanti orribili episodi di quel conflitto, rimarrebbe un fatto legato al passato, al più, come succede adesso, connesso a una causa in tribunale che tormenta il calendario maledetto degli anni `60. Ma non è così.
"Il suo impatto è a lungo termine e già colpisce sino alla quarta generazione. Spesso si manifesta solo in età avanzata e anche in zone distanti centinaia di chilometri dai luoghi su cui venne irrorato: nelle montagne ad esempio, dove le comunità pensano che il malato si trovi in quelle condizioni per una sorta di maledizione". E non per gli effetti, oltre trent'anni dopo, del micidiale diserbante che veniva spruzzato sulle campagne vietnamite dai bombardieri, dai camion o anche a mano da qualche marine. Mentre parla, Le Thi Nham Tuyet, antropologa e direttrice del Centro di ricerca Cgfed di Hanoi, una delle più vecchie Ong locali che dalla metà degli anni `90 studia, tra l'altro, l'impatto sociale dell'"orange", ha sul tavolo le storie raccolte in una delle tante ricerche del suo gruppo.
"E' sbagliato, dice, porre la questione solo in termini medico scientifici, un aspetto che presta il fianco a molte scappatoie perché gli americani, ad esempio, chiedono sempre di vedere i test del sangue e del latte. Produrle costa una cifra impossibile per noi vietnamiti, mentre gli effetti dell'"orange" si desumono molto facilmente dalle storie delle singole famiglie". Magari non eri neanche stato esposto ma ti sei sposata con un soldato. Nasce un figlio sano ma poi, a 12 anni, comincia a sviluppare malformazioni. Sono i regali dell'"orange". Per Le l'"orange" oggi è "un problema sociale che richiede risposte sociali". Non è solo una questione da scienziati o di denaro: "anche se, aggiunge, è problema farsi riconoscere la malattia dallo stesso governo vietnamita, se non puoi dimostrare che vieni da una zona irrorata". Sì, perché l'"agente orange" colpisce a distanza. In tempo e chilometri. Si dice che almeno 18 milioni di vietnamiti sono stati toccati, anche se indirettamente, dalla diossina. Forse un milione i morti in passato. E oggi?
A marzo una nuova ricerca del Centro Cgfed cercherà di far luce sugli effetti dell'"orange" nella zona Bien Hoa. L'associazione non demorde ma ha pochi soldi. E' sostenuta in buona parte dall'estero: dalla Danish Family Planning Association e da varie Ong, tra cui l'italiana Aidos. Per gli studi sull'"orange", dà una mano lo svedese Karolinska Instituet. "Ma pochi vogliono investire in ricerca e documentazione", dice Pham Kim Ngoc, del Centro.
Invece la storia dell'orange è ancora tutta da scrivere e da indagare. Il più recente studio sulla sua tragica eredità è stato reso noto da Nature qualche mese fa e ribalta completamente le vecchie convinzioni, sostenendo che, in base alle nuove ricerche, la quantità di erbicida irrorato fu assai maggiore di quanto si pensasse. Utilizzando un nuovo sistema statistico e sommando l'uso dell'"orange" con quello di altre sostanze simili sperimentate in precedenza (l'Agent Purple e l'Agent Pink), la ricerca diretta da Jeanne Mager Stellman alla Columbia University di New York stima che anche il numero delle persone esposte potrebbe moltiplicarsi. Un numero compreso in una forbice che va da due e quattro milioni di individui. Tremila furono i contaminati esposti direttamente. Senza contare la catena del contagio, come dimostrano le ricerche del gruppo diretto dalla dottoressa Tuyet, che allarga il numero degli "effetti collaterali" anche a che non fu mai esposto, nemmeno indirettamente, ma ha succhiato "orange" nel latte materno o attraverso il Dna dei genitori.
Stellman e il suo gruppo hanno messo a punto un sistema di assemblaggio dei dati che ha rivoluzionato tutti i precedenti studi e che consente di creare una vera e propria mappa delle incursioni, dei luoghi colpiti e delle persone esposte. Il sistema incrocia diversi dati con i "memo" che ogni pilota scriveva a fine missione e che, finora, non erano mai stati presi in considerazione. Le sintesi dei soldati al rientro alla base, un colonnino chiamato "missionum", mai incluso nelle ricerche, ha gettato così nuova luce sull'utilizzo dell'"orange", consentendo, tra l'altro, di scoprire che non furono 72 ma 100 i milioni di litri irrorati. Il 30% in più. I memo contengono indicazioni preziose, come gli esatti obiettivi militari del defoliante, un "dettaglio" chiave che consente nuove ipotesi con un livello di approssimazione assai minore rispetto alle ricerche precedenti sulle almeno 10mila missioni che i bombardieri americani condussero soprattutto lungo la zona demilitarizzata e il famoso "sentiero di Ho Chi Minh". Irrorando foreste e campagne col micidiale defoliante contenuto in bidoni marcati da un segno arancione. (E.Giordana, 2004)

 

 

 

 

 

 

 


Esterno 4: Crimini contro l'umanità: il mix di armi chimiche e radioattive.


L'analisi dei capelli dei genitori di molti bambini nati con gravi deformazioni o già malati di tumore sembra provare l'impatto devastante delle bombe americane a Fallujah: una scoperta stupefacente, con "molte implicazioni a livello globale" a carico dell'esercito a stelle e strisce, reo di avere utilizzato nella distruzione della cittadina armi non solo vietate, ma addirittura sconosciute alla letteratura scientifica(Ricerca curata dal prof. C. Busby, Ulster University, pubblicata in Conflict and Health). All'ospedale di Fallujah non sono in grado di fornire statistiche sui bambini nati con malformazioni; semplicemente ce ne sono troppi. I genitori non vogliono parlarne. "Le famiglie seppelliscono i propri neonati dopo la loro morte senza dirlo a nessuno," afferma il portavoce dell'ospedale, Nadim al-Hadidi. "Se ne vergognano troppo".
"Abbiamo registrato 672 casi a gennaio, ma sappiamo che ce ne sono molti di più", dice Hadidi. Proietta immagini su una parete del suo ufficio: bambini nati senza cervello, senza occhi o con gli intestini fuori dal corpo. Di fronte all'immagine bloccata di un bambino nato senza arti, Hadidi dice che i sentimenti dei genitori solitamente variano dalla vergogna al senso di colpa. "Pensano che sia colpa loro, che ci sia qualcosa di sbagliato in loro. E non è affatto d'aiuto quando qualche vecchio dice loro che è la 'punizione del Signore'". E' difficile guardare le fotografie. E i responsabili di tutto questo hanno chiuso gli occhi. "Nel 2004 gli statunitensi hanno sperimentato su di noi ogni genere di ordigni chimici ed esplosivi: bombe termobariche, fosforo bianco, uranio impoverito... siamo stati per loro tutti topi da laboratorio," dice Hadidi spegnendo il proiettore.
I mesi che sono seguiti all'invasione dell'Iraq nel 2003 hanno visto persistenti dimostrazioni contro le forze d'occupazione. Ma è stato nel 2004 che questa città presso l'Eufrate, a ovest di Baghdad, ha visto il peggio. Il 31 marzo di quell'anno le immagini dei corpi smembrati di quattro mercenari del gruppo statunitense Blackwater pendenti da un ponte hanno fatto il giro del mondo. Al-Qaeda ha rivendicato la brutale azione e la popolazione locale ha pagato il prezzo dell'Operazione Phantom Fury che è seguita. Secondo il Pentagono si è trattato del più grande scontro urbano dai tempi di Hue (Vietnam, 1968). Il primo giro di vite è avvenuto nell'aprile 2004 ma il peggiore è stato a novembre di quell'anno. Controlli casuali casa per casa hanno dato il via a intensi bombardamenti notturni. Gli statunitensi hanno dichiarato di aver utilizzato il fosforo bianco "per illuminare i bersagli di notte". Ma un gruppo di giornalisti italiani ha fornito presto prove documentali che il fosforo bianco era stato semplicemente un'altra delle armi vietate utilizzate contro i civili dalle truppe statunitensi.
Il numero totale delle vittime è tuttora ignoto. In effetti, molte di esse non sono ancora nate. Abdulkadir Airawi, un medico dell'ospedale di Fallujah, è appena di ritorno dall'aver esaminato un interessante nuovo caso. "Questa ragazza è nata con la sindrome di Dandy Walker. Ha il cervello diviso in due e dubito che sopravvivrà." Mentre parla, le luci si spengono di nuovo nell'interno ospedale. "Siamo privi della struttura più elementare. Come pretendono che affrontiamo un'emergenza come questa?"
Secondo uno studio pubblicato nel luglio 2010 dall'International Journal of Enviromental Research and Public Health, con sede in Svizzera, "gli aumenti dei casi di cancro, leucemia e mortalità infantile e di cambiamenti del normale rapporto tra i sessi alla nascita a Fallujah sono significativamente maggiori di quelli riferiti relativamente ai sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki nel 1945." I ricercatori hanno rilevato che c'è stato un aumento di 38 volte della leucemia (17 volte nelle località giapponesi). Analisti stimati come Noam Chomsky hanno definito tali conclusioni come "immensamente più imbarazzanti delle rivelazioni di WikiLeaks sull'Afghanistan". Samira Alaani, medico capo all'ospedale di Fallujah, ha preso parte a uno studio in stretta collaborazione con l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Diverse verifiche condotte a Londra segnalano quantità insolitamente elevate di uranio e mercurio nei capelli delle persone colpite. Ciò potrebbe essere la prova che collega l'utilizzo di armi vietate alla quantità dei problemi genetici a Fallujah.
Piuttosto che sul fosforo bianco, molti puntano il dito sull'uranio impoverito (DU), un elemento radioattivo che, secondo gli ingegneri dell'esercito, aumenta significativamente la capacità di penetrazione dei proiettili. Si ritiene che il DU abbia una vita di 4,5 miliardi di anni ed è stato definito "l'assassino silenzioso che non smette mai di uccidere". Molte organizzazioni internazionali hanno chiesto alla NATO di accertare se durante la guerra in Libia è stato utilizzato il DU. In questo mese il Ministero iracheno della Sanità, in stretta collaborazione con l'Organizzazione Mondiale della Sanità, avvierà il suo primo studio in assoluto sulle malformazioni congenite nei governatorati di Baghdad, Anbar, Thi Qar, Suleimania, Diala e Basra. Stretta tra i confini dell'Iran e del Kuwait, Basra è situata sopra enormi riserve di petrolio. La popolazione di questa provincia dell'estremo sud ha subito combattimenti molto più di qualsiasi altra regione: dalla guerra contro l'Iran degli anni '80 alla guerra del Golfo del 1991 e all'invasione guidata dagli USA nel 2003.
Uno studio dell'Università di Baghdad ha segnalato che i casi di malformazioni alla nascita erano aumentati di dieci volte a Basra due anni prima dell'invasione del 2003. La tendenza continua a salire. L'Ospedale Pediatrico di Basra, specializzato nell'oncologia pediatrica, è stato aperto nel 2010. Finanziata da capitale statunitense, questa struttura è stata avviata dall'ex first lady statunitense Laura Bush. Ma, come l'ospedale di Fallujah, questa struttura presunta allo stato dell'arte manca di attrezzature fondamentali. "La macchina per i raggi X è rimasta un anno e mezzo in magazzino nel porto di Basra per una disputa amministrativa su chi dovesse pagare le tasse portuali. I nostri bambini morivano in attesa di un trattamento radioterapeutico che non arrivava," dice Laith Shakr Al-Sailhi, padre di un bambino malato e direttore dell'Associazione del Cancro Infantile irachena.
"La lista d'attesa per il trattamento a Baghdad è infinita e il tempo non è mai dalla parte dei pazienti" dice Al-Sailhi nelle baracche che ospitano il quartier generale della sua ONG vicino all'ospedale. "Inoltre le malattie di questi bambini hanno portato alla rovina economica le loro famiglie. Quelli che possono permetterselo pagano, per il trattamento, fino a 7.000 dollari in Siria e fino a 12.000 dollari in Giordania. L'opzione più economica è l'Iran, con costi in media di 5.000 dollari. Oggi le famiglie fioccano a Teheran per il trattamento dei figli. Molte di esse dormono nelle strade perché non possono permettersi di pagarsi una stanza in albergo." (K. Zurutuza, 2012)

 

 

 

 

 

 

 


Epilogo.


E perché noi americani statunitensi non dovremmo credere che la nostra "brillante città sulla collina" abbia diritto a tutto ciò che i nostri piccoli cuori possono desiderare (e che le nostre forze armate da mille miliardi di dollari l'anno possono saccheggiare)? Stiamo tutti vivendo alla grande grazie al genocidio che i nostri antenati hanno commesso contro i nativi di Turtle Island. Dopo tutto chi si preoccuperà di una piccolezza come 10-100 milioni di "uomini rossi" morti? O dei 100 milioni di schiavi neri che hanno fortemente (e involontariamente aggiungerei) contribuito allo sviluppo della nostra nazione economicamente ciclopica?
Riesco già a vedere scrollare le spalle e attenuare le potenziali colpe con gli argomenti di seconda mano che "abbiamo fatto di più di quanto dovuto a loro", " non si può cambiare il passato", o " io non ero lì quando ciò accadeva". Bene, indovinate un po'. Non sto suggerendo riparazioni o scuse. Chi se ne fotte di mettere cerotti sulle ferite aperte. Siamo barbari camuffati da cristiani illuminati--ci siamo illusi sino al punto di credere che la nostra merda profumi come le rose. Quanto lontano dovremo andare prima di porre un termine alla nostra pazzia?
Mi chiedo, caro lettore, se ti stai chiedendo la stessa cosa che mi chiedo io mentre scrivo: ma cosa c'è che non va in noi? Noi americani statunitensi eccelliamo nel lodare a parole Cristo e/o il Dio del vecchio testamento, ma la verità è che il nostro vero Dio è Mammona. Persino coloro che rigettano la cultura mainstream e la sua ossessione per la ricchezza e le proprietà materiali sono costretti a sottomettersi all'onnipotente dollaro, nel nostro maledetto sistema capitalista del "cane mangia cane" e del " il vincitore prende tutto". Ci illudiamo di avere il monopolio sulla "libertà" e la "decenza". Di fatto ci siamo fottuti le menti sino a credere che sia nostro "dovere" "civilizzare" il resto del mondo. In realtà noi siamo schiavi del debito e del salario che giocano ognuno un ruolo nel perpetuare un sistema che è enormemente immorale, sfruttatore e malvagio. Esportiamo la nostra cattiveria tramite la nostra politica estera intrisa di sangue. "Prendiamoli prima che siano loro a prendere noi" è il nostro motto, anche se ci capita di essere l'equivalente di Mike Tyson che polverizza un neonato. Hey, avrebbe potuto attaccarci una volta cresciuto, giusto? (J.Miller, 2008)

 

 

 

 

 

 

 


Un raid della Nato ha distrutto la mia casa,
ucciso mia moglie e tre dei miei figli.
Ma quando ho visto nascere mio nipote senza gambe e senza braccia
allora ho capito che gli americani
ci avevano derubato anche del nostro futuro.


Sadizay, contadino afghano