Desember 2012. Closing 2012 in B&B.

 

 

 

 

Words and music for proud losers

 


 
B, like Bukowski, Mr.Charles "Hank" & B, like Blues
ovvero della poesia "dissacrata", ovvero della musica del diavolo

 
 
 
 

Il blues è sconfitta,
un vincente non potrebbe mai
portarsi il blues dentro.
Il blues non ama i vincenti,
si allontana quando ne sente l'odore.
Il blues è la rivincita dei perdenti,
il blues è il pane degli sconfitti.
Il blues è la mia malinconia
che mi accompagna da quando sono nato.

 
 
 

 

Poor boy blues

 


Montreux, 1971
Champion Jack Dupree, piano & vocal
King Curtis, sax
Cornell Dupree, chitarra
Jerry Jemmott, contrabbasso
Oliver Jackson, batteria

 
 

 

 
 autoinvitati


va bene, mettimi le mutande al contrario, telefona in Cina,
fai volar via gli uccelli,
compra un quadro di una colomba rossa e ricordati
di Herbert Hoover.
quel che cerco di dire è che sei delle ultime
otto sere abbiamo avuto ospiti, tutti autoinvitati,
e come dice mia moglie: "Non vogliamo farli restar male".
sicché ci sediamo e li ascoltiamo, certuni famosi
e certuni mica tanto, certuni piuttosto svegli
e divertenti, certuni mica tanto
ma finisce tutto in chiacchiera, chiacchiera, chiacchiera,
parole, parole, parole, un garbato mulinello di suoni
che rivela innanzi tutto solitudine: in un modo o nell'altro
chiedono tutti di essere accettati,
di essere ascoltati, e ciò è comprensibile,
ma io sono uno di quelli che preferirebbe
starsene tranquillo a casa con la moglie e i suoi sei gatti
(o di sopra da solo a fare niente).
l'impressione è che sia un egoista
e mi senta sminuito dalla gente
ma non ho l'impressione che loro
si sentano vuoti, ho l'impressione
che li diletti il movimento
delle loro bocche.
e quando se ne vanno quasi tutti accennano
a un'altra visitina.
mia moglie è carina, li saluta con calore,
ha un cuore d'oro, così d'oro che quando, che so,
andiamo al ristorante e scegliamo un tavolo
lei prende il posto da cui si può "veder la gente"
e io quello da cui non è possibile.
d'accordo, sono un figlio del demonio;
l'intera umanità mi annoia e no, non è
paura, sebbene qualcosa in loro mi spaventi,
e non è invidia perché non voglio nulla
di ciò che loro vogliono, è solo che
in tutte quelle ore di
parole, parole, parole,
non sento niente di davvero buono coraggioso o nobile,
e che valga un briciolo del tempo in cui mi hanno impallinato
le cervella.
te lo ricordi quando avevi l'abitudine di buttarli fuori
dalla porta invece di fargli scaricar le batterie
sui tuoi divani,
quei tipi malinconici sempre a caccia di compagnia,
e ti vergogni di te stesso per esserti arreso
alle loro insane fesserie
ma altrimenti tua moglie direbbe:
"Pensi di essere forse l'unico essere umano
sulla terra?".
vedete, ecco come il diavolo
mi acchiappa.
perciò io ascolto e loro si sentiranno
realizzati.

 

 

 


Key to the highway

 


Royal Albert Hall, Londra, 2015
Eric Clapton, chitarra & vocal
Paul Carrack, tastiere
Chris Stainton, piano
Nathan East, basso
Steve Gadd, batteria
Michelle John & Shar White, vocalists

 

 

 
 

qualcosa
 
mi sono finiti i fiammiferi.
le molle del divano
sono rotte.
mi hanno rubato il baule.
mi hanno rubato il ritratto ad olio di
due occhi rosa.
la macchina si è rotta.
le anguille si arrampicano sui muri del bagno.
il mio amore è distrutto.
ma la Borsa oggi
è salita.
 
 

 

 

Goin' to Chicago (sorry but I can't take you)

 

 

The Yale, Vancouver, DC, 2008
Kenny "Blues Boss" Wayne, piano & vocal
Anthony Stelmaszak, chitarra
Drew Davis, sax
Thibaut Chopin, contrabbasso
Fabrice Bessouat, batteria

 

 

 
 
 una sfida alle tenebre

 
colpito in un occhio
colpito nel cervello
colpito nel culo
colpito come un fiore nella danza

 

meravigliandomi per come la morte vinca senza fatica
meravigliandomi per come si presti fede a stupide forme di vita
meravigliandomi per come il riso venga soffocato
meravigliandomi per come il vizio sia così una costante

 

presto dovrò dichiarare la mia guerra alla loro guerra
devo aggrapparmi al mio ultimo pezzo di terra
devo proteggere il piccolo spazio che ho creato e che mi ha
permesso di vivere

 

la mia vita non la loro morte
la mia morte non la loro morte

 

questo posto, questo tempo, adesso
faccio voto al sole
che ancora una volta riderò di cuore
nel luogo a me perfetto
per sempre.

 

la loro morte non la mia vita.
 


 
 
Black nights

 


Village Music Annual Party, Sweetwater, Mill Valley, California, 1990.
Annie Sampson, vocal
Johnnie Johnson, piano
Ry Cooder, chitarra
Steve Douglas, sax
Tim Drummond, basso
Scott Mathews, batteria

 

 

 
 

si si

 
quando Dio creò l'amore non ci ha aiutato molto
quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani
quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma
quando Dio creò l'odio ci ha dato una normale cosa utile
quando Dio creò Me creò Me
quando Dio creò la scimmia stava dormendo
quando creò la giraffa era ubriaco
quando creò i narcotici era su di giri
e quando creò il suicidio era a terra.

 

quando creò te distesa a letto
sapeva cosa stava facendo
era ubriaco e su di giri
e creò le montagne e il mare e il fuoco
allo stesso tempo.

 

ha fatto qualche errore
ma quando creò te distesa a letto
fece tutto il Suo Sacro Universo.
 
 


 
Blues, why do you worry me?

 

 

Ohne filter music pub, Moenchengladbach, RFT
Charlie Musselwhite, armonica & vocal
Andrew "Junior Boy" Jones, chitarra
Felton Crew, basso
Tommy Hill, batteria


 


 
dinosauria

 
nati così
in mezzo a tutto questo
tra facce di gesso che ghignano
e la signora morte che se la ride
mentre gli ascensori si rompono
mentre gli orizzonti politici si dissolvono
mentre il ragazzo della spesa del supermercato ha una laurea
mentre i pesci sporchi di petrolio sputano la loro preda oleosa
e il sole è mascherato
siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra queste guerre attentamente matte
tra la vista di finestre di fabbrica rotte di vuoto
in mezzo a bar dove le persone non si parlano più
nelle risse che finiscono tra sparatorie e coltellate

 

siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire
tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli
in un Paese dove le galere sono piene e i manicomi chiusi
in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo
nati in mezzo a tutto questo

 

ci muoviamo e viviamo in tutto ciò
a causa di tutto questo moriamo
castrati
corrotti
diseredati
per tutto questo
ingannati da questo
usati da questo
pisciati addosso da questo
resi pazzi e malati da questo
resi violenti
resi inumani
da questo

 

il cuore è annerito
le dita cercano la gola
la pistola
il coltello
la bomba
le dita vanno in cerca di un dio insensibile
le dita cercano la bottiglia
le pillole
qualcosa da sniffare

 

siamo nati in questo essere letale triste
siamo nati in un governo in debito di 60 anni


 
 
 

Stormy monday 

 


Cream
Royal Albert Hall, New York, 2005
Eric Clapton, chitarra
Jack Bruce, basso
Ginger Baker, batteria
 

 


 
anormale

 
quando facevo le elementari
il maestro ci raccontò la storia
di un marinaio
che disse al capitano:
"La bandiera? Spero di non
vederla più, la bandiera!"
"Molto bene," gli fu risposto,
"il tuo desiderio
sarà esaudito!"
e lo chiusero nella
stiva
e ce lo tennero,
mandandogli cibo
di sotto
e morì laggiù
senza vederla mai più
la bandiera.

 

una storia davvero spaventosa
per dei bambini,
molto
efficace.
ma non efficace
abbastanza per
me.
stavo lì seduto a pensare,
bene, è brutto
non vedere la
bandiera,
ma il bello è
non dover vedere
la gente.

 

però
non alzai la mano
per dir niente del genere.
sarebbe stato ammettere
che non volevo vedere
neppure loro.
ed era vero.

 

guardavo dritto alla
lavagna
che sembrava migliore
di chiunque.
 
 

 

 
Everything's gonna be alright

 

 

Montreux, 1971
Champion Jack Dupree, piano & vocal
King Curtis, sax
Cornell Dupree, chitarra
Jerry Jemmott, contrabbasso
Oliver Jackson, batteria

 


 


 Spesso lo stato della cucina riflette lo stato della mente.


Gli uomini confusi e insicuri, d'indole remissiva, sono dei pensatori. Le loro cucine sono come le loro menti, ingombre di rifiuti, stoviglie sporche, impurità, ma essi sono coscienti del loro stato mentale e ne vedono il lato umoristico. A volte, presi da uno slancio focoso, essi sfidano le eterne deità e si danno a metter ordine nel caos, cosa che a volte chiamano creazione; così pure a volte, mezzo sbronzi, si danno a pulire la cucina. Ma ben presto tutto torna nel disordine e loro a brancolare nelle tenebre, bisognosi di pillole e preghiere, di sesso, di fortuna e salvazione.
L'uomo con la cucina sempre in ordine è, invece, un maniaco. Diffidatene. Lo stato della sua cucina e quello della sua mente coincidono: costui, così preciso e ordinato, si è in realtà lasciato condizionare dalla vita e la sua mania dell'ordine, dentro e fuori, è solo un avvilente compromesso, un complesso difensivo e consolatorio. Basta che l'ascolti per dieci minuti e capisci che lui, in vita sua, non dirà mai altro che cose insensate e noiose.
È un uomo di cemento. Vi sono più uomini di cemento, al mondo, che altri. Sicché: se cerchi un uomo vivo, dà un'occhiata alla sua cucina, prima, e ti risparmierai un sacco di tempo.
Ora, la donna con la cucina sporca è un'altra questione: dal punto di vista maschile. e non lavora altrove e non ha figli, la pulizia o la sporcizia della sua cucina sono quasi sempre (con qualche eccezione) in proporzione diretta all'affetto che nutre per te. Alcune donne hanno teorie su come salvare il mondo ma non son buone a lavare una tazzina di caffè.
Se glielo fai osservare ti rispondono: "lavare tazzine non è importante". Purtroppo, lo è. Specie per un uomo che ha lavorato otto ore filate, magari dieci, con lo straordinario, a una fresa o a un tornio. S'incomincia a salvare il mondo salvando un uomo alla volta. Tutto il resto è magniloquenza romantica o politica.
 
 

 


I'm goin' fishin'

 

 

Basement, Australia, 2003
Johnnie Johnson, piano & vocal
Les Karski, chitarra
Roy Daniel, basso
Ace Follington, batteria

 

 

 
 

 Il blues viene dal culo del mulo.
Oggi puoi avere il blues
anche seduto al ristorante o in un hotel,
ma il blues è nato camminando dietro
a un mulo ai tempi della schiavitù.
 
 
Bukka White

 

 

 

 


 
 

 

La prima volta che ho incontrato il blues
fu quando mi portarono qui su una nave.
C'erano uomini su di me e molti altri usavano la frusta ...
adesso tutti vogliono sapere perché canto il blues ...
 
 
B.B. King
 

 
 

 

Junker's blues

 


Montreux, 1971
Champion Jack Dupree, piano & vocal
King Curtis, sax
Cornell Dupree, chitarra
Jerry Jemmott, contrabbasso
Oliver Jackson, batteria

 

 
 

 

Presi la bottiglia e andai in camera mia. Mi spogliai, tenni le mutande e andai a letto.


Era un gran casino. La gente si aggrappava ciecamente a tutto quello che trovava: comunismo, macrobiotica, zen, surf, ballo, ipnotismo, terapie di gruppo, orge, ciclismo, erbe aromatiche, cattolicesimo, sollevamento pesi, viaggi, solitudine, dieta vegetariana, India, pittura, scrittura, scultura, composizione, direzione d'orchestra, campeggio, yoga, copula, gioco d'azzardo, alcool, ozio, gelato di yogurt, Beethoven, Bach, Buddha, Cristo, meditazione trascendentale, succo di carota, suicidio, vestiti fatti a mano, viaggi aerei, New York City, e poi tutte queste cose sfumavano e non restava niente. La gente doveva trovare qualcosa da fare mentre aspettava di morire. Era bello avere una scelta. Io l'avevo fatta da un pezzo, la mia scelta. Alzai la bottiglia di vodka e la bevvi liscia.
I russi sapevano il fatto loro.
 
 

 

Everyday I have the blues

 

 

Basement, Australia, 2003
Johnnie Johnson, piano & vocal
Les Karski, chitarra
Roy Daniel, basso
Ace Follington, batteria


 
 
 

 la tragedia delle foglie

 
mi destai alla siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c'era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l'uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all'inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell'affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt'e due.
 


 
 


Boogie woogie mama

 

 

The Yale, Vancouver, DC, 2008
Kenny "Blues Boss" Wayne, piano & vocal
Anthony Stelmaszak, chitarra
Drew Davis, sax
Thibaut Chopin, contrabbasso
Fabrice Bessouat, batteria


 

 

 

primo amore


un tempo
quando avevo 16 anni
c'era solo qualche scrittore
a darmi speranza
e conforto.

 

a mio padre non piacevano
i libri e
a mia madre neppure
(perchè non piacevano al babbo)
specie i libri che prendevo io
in biblioteca:
D.H. Lawrence
Dostoevskij
Turgenev
Gorkij
A. Huxley
Sinclair Lewis
e altri.

 

avevo la mia camera da letto
ma alle 8 di sera
bisognava filare tutti a nanna:
"il mattino ha l'oro in bocca,"
diceva mio padre.

 

poi gridava:
"LUCI SPENTE!".

 

allora mettevo la lampada
sotto le coperte
e continuavo a leggere
sotto la luce calda e nascosta:
Ibsen
Shakespeare
Cechov
Jeffers
Thurber
Conrad Aiken
e altri.

 

mi offrivano una opportunità e qualche speranza
in un posto senza opportunità
speranza,
sentimento.

 

me la guadagnavo.
faceva caldo sotto le coperte.
qualche volta fumavano le lenzuola
allora spegnevo la lampada,
la tenevo fuori per
raffreddarla.

 

senza quei libri
non sono del tutto sicuro
di cosa sarei diventato:
delirante;
parricida;
idiota;
buonannulla.

 

quando mio padre gridava
"LUCI SPENTE!"
son sicuro che lo terrorizzava
la parola ben tornita
e immortalata
una volta per tutte
nelle pagine migliori
della nostra più bella
letteratura.

 

ed essa era lì
per me
vicina a me
sotto le coperte
più donna di una donna
più uomo di un uomo.

 

era tutta per me
e io
la presi.
 
 

 

 
Slow blues

 

 

Village Music Annual Party, Sweetwater, Mill Valley, California, 1990.
Johnnie Johnson, piano & vocal
Ry Cooder, chitarra
Steve Douglas, sax
Tim Drummond, basso
Scott Mathews, batteria


 

 

 

una poesia è una città


una poesia è una città piena di strade e tombini
piena di santi, eroi, mendicanti, pazzi,
piena di banalità e roba da bere,
piena di pioggia e di tuono e di periodi
di siccità, una poesia è una città in guerra,
una poesia è una città che chiede a una pendola perché,
una poesia è una città che brucia,
una poesia è una città sotto le cannonate
le sue sale da barbiere piene di cinici ubriaconi,
una poesia è una città dove Dio cavalca nudo
per le strade come Lady Godiva,
dove i cani latrano di notte, e fanno scappare
la bandiera; una poesia è una città di poeti,
per lo più similissimi tra loro
e invidiosi e pieni di rancore...
una poesia è questa città adesso,
cinquanta miglia dal nulla,
le 9.09 del mattino,
il gusto di liquore e delle sigarette,
né poliziotti né innamorati che passeggiano per le strade,
questa poesia, questa città, che serra le sue porte,
barricata, quasi vuota,
luttuosa senza lacrime, invecchiata senza pietà,
i monti di roccia dura,
l'oceano come una fiamma di lavanda,
una luna priva di grandezza,
una musichetta da finestre rotte...

 

una poesia è una città, una poesia è una nazione,
una poesia è il mondo...

 

e ora metto questo sotto vetro
perché lo veda il pazzo direttore,
e la notte è altrove
e signore grigiastre stanno in fila,
un cane segue l'altro fino all'estuario,
le trombe annunciano la forca
mentre piccoli uomini vaneggiano di cose
che non possono fare.
 

 

 


 It's on my fault

 

 

Bellinzona, 2001

Otis Rush Band
 


 

 

zero


seduto a guardare la lancetta del TIMEX che gira e rigira e
rigira...
difficile che questa qui diventi una notte da ricordare
seduto a stanarmi punti neri dietro al collo
mentre gli altri si infilano nelle lenzuola insieme a una gnocca bollente
io mi guardo dentro e trovo il vuoto totale.
sono rimasto senza sigarette e non ho nemmeno una pistola
sfoderare l'unica cosa che ho è questo blocco dello scrittore.
la lancetta del TIMEX continua a girare e
rigirare...
ho sempre voluto essere uno scrittore
adesso sono uno scrittore che non riesce a scrivere.
potrei scendere a guardare i programmi notturni alla tivù con mia moglie
mi chiederà com' è andata
farò un gesto qualsiasi con la mano
mi piazzerò vicino a lei
e guarderò gli omini di vetro fallire
come ho fallito io.
adesso scendo giù per le scale
che scena:
un uomo vuoto che sta attento a non inciampare e sbattere la testa
vuota.
 
 
 

 

Five long years

 


Bern jazz festival, Berna, 2000
Buddy Guy band

 

 
 
 

segnali stradali

 
i vecchi fanno un gioco
nel parco che si affaccia sul mare
spingendo le piastrelle sul cemento
con un bastone di legno.
giocano in quattro, due per squadra
e altri 18 o 20 stanno seduti al
sole e stanno a guardare
me ne accorgo andando
verso i gabinetti pubblici
mentre mi aggiustano la macchina.


 
c'è un vecchio cannone nel parco
arrugginito e inutile.
sei o sette barche a vela solcano
il mare sottostante


 
finisco i miei bisogni
esco
e stanno ancora giocando.


 
una delle donne ha le guance troppo truccate
porta le ciglia false e fuma
una sigaretta.
gli uomini sono molto magri
molto pallidi
portano orologi che gli feriscono
il polso.


 
l'altra donna è molto grassa
e ridacchia
ogni volta che fanno un punto


 
alcuni di loro hanno la mia età.


 
mi fa schifo
il loro modo di aspettare la morte
con la passione
di un segnale stradale.


 
questa è la gente che crede alla pubblicità
questa è la gente che compra la dentiera a credito
questa è la gente che celebra le feste comandate
questa è la gente che ha i nipoti
questa è la gente che vota
questa è la gente che vuole il funerale


 
questi sono i morti
lo smog
la puzza nell'aria
i lebbrosi.


 
così sono quasi tutti
in fondo.


 
meglio i gabbiani
meglio le alghe
meglio la sabbia sporca


 
se potessi rivolgere quel vecchio cannone
contro di loro
e farlo funzionare
lo farei.


 
mi fanno schifo.
 
 

 

 

Sneaky Pete

 

 

Montreux, 1971
Champion Jack Dupree, piano & vocal
King Curtis, sax
Cornell Dupree, chitarra
Jerry Jemmott, contrabbasso
Oliver Jackson, batteria

 

 

 


anima

 
oh, quanto si preoccupano della mia
anima!
ricevo lettere
squilla il telefono...
"ti andrà tutto bene?"
mi chiedono.
"mi andrà tutto bene", rispondo.
"ne ho visti tanti finire male",
mi fanno.
"non preoccupatevi di me", dico.


 
eppure, mi fanno innervosire.
entro in bagno e mi faccio una doccia
esco e mi spremo un pedicello sul
naso.
poi vado in cucina e mi faccio
un panino col salame e il prosciutto.
ero abituato a vivere di dolciumi.
adesso ho la senape importata dalla Germania
da mettere sul panino. Potrei essere in pericolo
per questo.


 
il telefono continua a squillare e le lettere
ad arrivare.


 
se vivi in uno stanzino coi topi e
mangi pane secco
ti vogliono bene.
sei un genio
allora.


 
o se sei in un manicomio o
con gli alcolizzati
ti chiamano genio.
o se sei sbronzo e gridi
oscenità e
ti vomiti le budella
sul pavimento sei un genio.
ma fa che paghi l'affitto con un mese di
anticipo
ti metti un paio di calzini nuovi
vai dal dentista
fai l'amore con una brava e sana ragazza
invece che con una puttana
hai perso
l'anima.


 
non sono abbastanza interessato da chiedergli
delle loro anime.
forse
dovrei.
 
 
 
 

Johnnies boogie

 


Village Music Annual Party, Sweetwater, Mill Valley, California, 1990.
Johnnie Johnson, piano & vocal
Ry Cooder, chitarra,
Steve Douglas, sax,
Tim Drummond, basso,
Scott Mathews, batteria.

 

 

 


 Perché questo è il blues.
Esso nasce dal connubio simbiotico di arte e vita,
come espressione di un sentimento,
come fulgida esteriorizzazione dell'io nascosto,
represso e violentato dalle necessità materiali.
E' la perfetta fusione di anima e corpo,
tra l'interiorità e i significati che nasconde,
e il significante,
che si materializza nelle note di una chitarra
che gemono e veicolano dolore.
 
 
Antonio Ciarletta