Desember 2011. Il viaggio.

 

 

 

 

C'è un solo viaggio possibile:
quello che facciamo nel nostro mondo interiore.
Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta.
Così come non credo che si viaggi per tornare.
L'uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito,
perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Da sé stessi non si può fuggire.
 
 
Andrej Tarkovskij

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

Back to the South Sea: Kunié, Iaai, Drehu, Nengoné

 
Quattro perle incastonate nelle più intense tonalità cromatiche, dal blu profondo al turchese, dallo smeraldo alla incolore trasparenza.
Kunié, la più famosa, descritta con ammirazione da James Cook nel 1774, Iaai, Drehu e Nengoné, sconosciute ai più, "scoperte" da Raven nel 1793, hanno in comune strepitosa diffusa bellezza che si dissolve diramandosi in singole sfumature di straordinario incanto. In comune hanno pure la serenità, la tranquillità, la dolcezza, del vivere quotidiano, del clima, della gente che vi dimora e ti accoglie.
Simile bellezza e modus vivendi, ritrovabili -fors'anche in toto, ma difficilmente- in altri gioielli similari, avrebbero potuto rimanere virtù fini a se stesse, ma, da tempo ormai, sono divenute "oggetto" di attrazione, di lenta e progressiva seduzione, la cui conseguenza è inevitabilmente arrivare a possederlo o l'esserne posseduto, anche se solo fugacemente, perché non potrebbe essere altrimenti.
D'altra parte la vera seduzione, la fascinazione profonda, sono tali quando l'oggetto non può essere mai completamente posseduto, perché il possesso totale mette fine al tralucere di qualcosa a noi sconosciuto, incompreso, portatore di mistero e di incantesimo, che si rinnova giorno dopo giorno, senza soluzione alcuna.
Perché questa attrazione? Alcune volte è difficile sondare l'animo per poi comprendere i motivi che inducono a essere sedotti, affascinati: nello specifico giocano l'esotismo estremo, l'avventura, la sensualità, trasudanti dalle narrazioni scritte o per immagini di uomini semplici e di cultura, di navigatori, di romanzieri e pittori, e la negazione dell'ordine quotidiano con il desiderio di fuga da esso, che dalla adolescenza in poi sono compagni di vita.
Kunié, la gemma solitaria contorniata da magnifici frammenti, ricca di centenari pini colonnari e prorompente vegetazione; le baie meravigliose con sabbie finissime di candore abbagliante: Upi, Oro, Kanuméra, Kuto, Ouaméo, Rouleaux, Gadji; le piscine naturali incastonate nei coralli, i giochi di acqua limpidissima e suoni scanditi dal reef, i fondali multicolori, gli atolli, i banchi di sabbia emergenti, le rocce sacre e tabù per il popolo Kunié.
Popolo Kunié, che da millenni vi dimora, suddiviso ancora in 8 tribù: Comagna, Gadji, Kéré, Ouatchia, Touété, Vao, Wapan, Youwaty, Chacune, aventi ognuna un capo, e tutte sottoposte all'autorità di un unico capo supremo.
Lontane, sperdute nell'oceano, Iaai, Drehu, Nengoné, trittico di primordiale e incontaminata bellezza, con le loro peculiarità fatte di falesie strapiombanti, grotte profonde e sacre, foreste impenetrabili, infinite spiagge, tra le quali Peng, Jinek, Xepenehe, Luengoni, Wabao, Patho, Pede, Cengeité, Kurine, Fayaoué.
Anche loro, come Kunié, contorniate da splendidi frammenti, e abitate dai Kanak, suddivisi in diverse decine di tribù come i Kunié, di cui condividono origine, tradizioni, usi e costumi.
I Kanak risiedono in piccoli villaggi ove solitamente vige la tradizione che per ogni nuova famiglia si debba costruire sempre una casa tradizionale e quindi quella moderna. Ogni villaggio ha un proprio consiglio degli anziani ed un "capo villaggio".
L'incontro coi Kanak ha un "rituale" preciso: si deve incontrare preventivamente uno degli "anziani" e recare un dono, che è sempre composto da una pezza di tessuto e denaro, possibilmente non visibili. L'"anziano" provvederà in seguito a consegnare il tutto al "capo villaggio" che a sua volta lo distribuirà all'interno della comunità a seconda delle necessità.
A questo punto l'"anziano" pronunzia parole di benvenuto per tutti i convenuti e si è formalmente accolti come ospiti all'interno della tribù. Le attività possono essere diverse e tutte apparentemente casuali; potrete partecipare magari ad una festa come assistere alla raccolta dell' igname, tuberacea base dell'alimentazione Kanak, oppure osservare gli artisti scolpire il legno pregiato da dove nasceranno le tipiche sculture melanesiane, i totem ed oggetti di uso quotidiano, oppure vedere la vita quotidiana del villaggio.
La base dell'organizzazione sociale Kanak è il clan, che raccoglie gli individui che riconoscono un antenato comune. La vita di queste comunità è scandita dal ritmo delle attività sociali e agricole che si svolgono secondo un calendario preciso: il calendario dell'igname. La coltivazione di questo tubero, associato al maschile, svolge un ruolo decisivo. Tutte le fasi della sua coltivazione, preparazione del terreno, germinazione, piantagione, gestazione, comparsa delle foglie, raccolta, sono associate a periodi precisi, a eventi comunitari, a cerimonie festive.
L'organizzazione sociale e l'identità Kanak è rappresentata appieno da la "coûtume", un codice fatto di gesti, riti, cerimoniali e interazioni sociali tra i clan, tra le tribù, tra i "piccoli capi" e il capo supremo.

 

 

 

 

 

Kuniè

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 


Un dolce della tradizione Kanak......

 
Il "dolce della carestia" deve il suo nome al fatto che era tradizionalmente preparato nel periodo tra le due stagioni di raccolta dell'igname -prodotto base dell'alimentazione locale- o in caso di eventi naturali disastrosi come i cicloni.
L'ingrediente principale di questo dolce sono i frutti della mangrovia, pianta prevalentemente legnosa tipica dei litorali tropicali. Durante la raccolta dei frutti della mangrovia, nella foresta si tagliano anche foglie di alberi (palma, banano, cocco...), che sono poi lavorate e intrecciate dalle donne per creare i cestini per il filtraggio.
I frutti sono battuti con un bastone di legno e poi disposti sul fondo dei cestini, coperti con foglie di burao (Hibiscus Tiliaceus, una malvacea imparentata con la pianta del cotone). I cestini, legati e chiusi all'interno con foglie di cocco, sono collocati in pozze d'acqua salmastra, dove devono rimanere, interamente sommersi, per 15 giorni.
Trascorse le due settimane, le donne prelevano i cesti, rimuovono le foglie e impastano i frutti della mangrovia, ora morbidi e friabili, con cocco grattugiato e zucchero. L'impasto è lasciato riposare, mentre si preparano dei piccoli contenitori con fibre vegetali. Questi foderi sono poi riempiti a mano con la pasta dolce, chiusi, legati e infine disposti in una pentola che è posta sul fuoco per la cottura.
Gli antichi "dolci della carestia" si consumano oggi come una merenda, accompagnandoli con un tè.

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Iaai

 

 

 

 

 

Drehu

 

 

 

 

 

Drehu

 

 

 

 

... e, a seguire, una bevanda tradizionale dei Kanak e di tutti i popoli dei Mari del Sud.

 
Il kava (o kavakava, 'ava, yangona, gamoda) è una bevanda inebriante ricavata dalle radici di un arbusto della famiglia delle Piperaceae, Piper methysticum Forst, largamente impiegata come droga in Nuova Guinea e nelle isole della Melanesia, Micronesia e Polinesia.
Il kava induce uno stato di tranquillità, amicizia e socievolezza verso gli altri.
È dotato di proprietà soporifiche, analgesiche, è un rilassante muscolare e innalza i livelli emotivi.
La preparazione più tradizionale del kava si basa su una premasticazione delle radici della pianta: "Gli individui scelti per praticare la masticazione prima si puliscono le mani e la bocca. Sono di solito giovani o fanciulli con buoni denti e spesso vengono loro in aiuto le donne. La masticazione viene fatta lentamente e solennemente, finché ciascun pezzetto di radice è ridotto a un detrito fibroso sottile. Il succo che si accumula in bocca non deve essere inghiottito" (Lewin, 1928).
I boli così premasticati sono collocati in un recipiente dove viene aggiunta dell'acqua; le pallottole premasticate sono pressate dentro all'acqua, in modo da farvi fuoriuscire il succo. Il tutto viene quindi filtrato per ricavarne un liquido di color giallastro, che è il prodotto finale della lavorazione, pronto ad essere ingerito.
Nella bevanda del kava non si forma alcol. I principi attivi della bevanda sono i kavalattoni, presenti nelle radici della pianta.
La cerimonia del kava ha originalmente svolto un ruolo religioso e di rafforzamento dei rapporti e delle gerarchie sociali. Oggigiorno la sua funzione religiosa è mantenuta in Melanesia, mentre nelle altre regioni svolge un ruolo sociale e politico e in diverse di queste si è sviluppata una sua funzione prettamente ricreativa e ludica.
Nell'utilizzo tradizionale religioso il kava era usato per il contatto con gli spiriti degli antenati e per la divinazione ed era frequentemente offerto alle divinità; in questi contesti la bevuta del kava è interpretata come una forma di sacrificio alle divinità (Turner, 1986).
Nelle isole dei Mari del Sud le donne non avevano tradizionalmente diritto a bere il kava, ad eccezione delle donne polinesiane e micronesiane di alto rango di Tonga, Samoa, Tahiti, Hawai'i e Pohnpei, e altrove le donne che avevano superato il periodo della menopausa. In seguito al contatto con gli Europei, le altre donne ottennero l'accesso al kava, come nelle isole Fiji e Marchesi.
Il kava è anche un'importante merce tradizionale di scambio e di dono e svolge un ruolo nel rafforzamento dei legami d'amicizia interpersonali e intertribali. È considerata la "droga del Pacifico", metaforicamente intesa come "droga pacifica", portatrice di armoniosa socievolezza e di pace, agente conciliante e di invito al dialogo, un antidoto all'ira e all'ostilità.
La bevuta del kava è un atto vissuto in maniera rituale in ogni occasione di incontro e di discussione fra più persone, nei più svariati ambiti sociali, da quelli popolari sino a quelli diplomatici e politici.
La maggior parte degli isolani non beve mai il kava da solo, e nelle isole Figi "bere il kava da solo" è sinonimo di stregoneria (Lebot et al., 1992). La bevuta collettiva tradizionale del kava avviene generalmente in silenzio, poiché i rumori e la luce intensa diminuiscono i suoi effetti. In caso di dialogo fra i bevitori, si è soliti parlare sottovoce.
Esiste una stretta relazione fra il kava e la sessualità, espressa con valenze eterogenee, che variano a seconda del gruppo tribale. In alcuni miti il kava origina dalla vagina di una donna; alcune credenze tradizionali identificano il kava con il pene umano o con lo sperma umano. (G.Samorini)

 

 

 

 

 

Drehu

 

 

 

 

 

Drehu

 

 

 

 

 

Drehu

 

 

 

 

 

Drehu

 

 

 

 

 

Drehu

 

 

 

 

 

Nengonè

 

 

 

 

 

Nengonè

 

 

 

 

 

Nengonè

 

 

 

 

 

Nengonè
 

 

 

 

 Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio.
Portiamo con noi la casa della nostra anima,
come fa una tartaruga con la sua corazza.
In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo
è per l'uomo un viaggio simbolico.
Ovunque vada è la propria anima che sta cercando.
Per questo l'uomo deve poter viaggiare.
 
 
Andrej Tarkovskij